Ho quasi 66 anni e sono celibe. Sono un ex dirigente pubblico in pensione da più di tre anni (dal 1° aprile 2016), con una pensione, da rivalutare ammontante a circa
70 mila euro lordi. Ho due appartamenti di proprietà: uno nel quale risiedo e l’altro, attualmente affittato a canone concordato che mi frutta 10.200 euro lordi annui (con ritenuta fiscale del 10%). La mia posizione economica è più che buona, oltre al valore degli immobili ho dei soldi liquidi che “investo” prevalentemente in conti deposito per circa 600mila euro. Io vorrei riscattare quanto versato nel fondo pensione aperto che sto alimentando (adesione dal 2004) che al 31 dicembre 2018 ammontava a 86.558,96.
A quanto risulta dal l’ultimo rendiconto su un versamento di 5.164,46 euro ho rilevato una redditività negativa di gestione di 1.479,72 euro che vanifica il risparmio fiscale. Il fondo è prudente e obbligazionario.
Dalla cifra che “investe” sui conti deposito, oltre 600mila euro, si capisce che la sua avversione al rischio è molto elevata. Ha una scarsa tolleranza alle perdite e il fatto di avere visto delle performance negative nella rendicontazione del suo fondo pensione ha evidentemente suscitato in lei la voglia di disinvestire. Si percepisce che le manca un ausilio professionale nella gestione del suo risparmio che allo stato attuale non “non lavora”. Con una buona asset allocation potrebbe infatti, probabilmente, ottenere di più di quel “quasi zero” che può ricavare da un conto deposito.
Venendo alla previdenza complementare, la flessione dei mercati nel 2018 ha penalizzato praticamente tutti i fondi pensione e non deve spingere gli iscritti a demordere. Anche perché nel 2019 sta avvenendo un recupero. Quindi se la motivazione che la spinge a riscattare è solo di tipo finanziario (performance negativa) il suo ragionamento non mi pare condivisibile. «Purtroppo, la situazione del mercato obbligazionario, con tassi di rendimento molto bassi, rende poco attraenti i fondi pensione prudenti che investono principalmente in obbligazioni. Il rendimento che offrono, al netto dei costi, è molto basso, vicino allo zero, e un minimo rialzo dei tassi di interesse impatta negativamente il rendimento – fa notare Giuseppe Romano esperto di Consultique –. Infatti, all’aumentare dei tassi di interesse diminuisce il prezzo dei titoli, tale diminuzione è direttamente proporzionale alla duration, ovvero maggiore è la duration, maggiore sarà l’impatto della variazione dei tassi di interesse sui prezzi, il cosiddetto rischio duration».
I fondi pensione possono essere una forma di investimento valida anche per i già pensionati, grazie ai generosi vantaggi fiscali. «Il titolare di pensione di vecchiaia non può iscriversi a forme di previdenza complementare, ma può continuare a contribuire al fondo pensione cui si sia iscritto almeno un anno prima della data di pensionamento – precisa Romano –. Il titolare di pensione di anzianità, invece, può iscriversi a forme di previdenza complementare purché non abbia raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia e a patto che l’iscrizione sia effettuata almeno un anno prima della predetta età di pensionamento di vecchiaia».
Il soggetto che prosegue volontariamente la contribuzione oltre il compimento dell’età pensionabile può determinare autonomamente il momento della fruizione della prestazione, una volta conseguito il requisito minimo di cinque anni di partecipazione. Se la rendita pensionistica che si ottiene convertendo il 70% del capitale accumulato nel fondo risulta inferiore al 50% della pensione sociale è possibile ricevere tutto in rendita, diversamente è possibile ricevere in forma di capitale solo il 50% di quanto versato. Il lettore, essendo già in pensione, può decidere quando richiedere la prestazione: dato che la posizione maturata ammonta a 86.558,96 euro, potrà ricevere in forma di capitale solo il 50% di quanto versato, il resto è obbligato a richiederlo in rendita.
Il lettore, avendo già 66 anni, probabilmente non ha più il requisito per aprire un ulteriore fondo pensione e trasferirvi la posizione. Pertanto, la soluzione potrebbe essere quella di attendere un leggero recupero delle quotazioni del fondo per poi richiedere la prestazione. La continuazione dei versamenti nel limite dei 5.164,57 euro all’anno e il conseguente vantaggio della deducibilità fiscale consentono comunque di compensare la scarsa reddittività, speriamo solo momentanea, del fondo.
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