Siamo davanti a un nuovo trend rialzista oppure no?
“Difficile fare previsioni anche perché i fattori in gioco sono almeno un paio: da una parte il ciclo economico, dall'altro la Fed”, chiarisce Andrea Cattapan, analista area equity e risparmio gestito di Consultique SCF, società di consulenza finanziaria indipendente.
Spiega Cattapan: “La Fed ha chiaramente mostrato, dal 2008, di essere capace di sostenere i mercati, alimentando up-trend grazie alle immissioni di liquidità. Una sorta di compratore di ultima istanza (anche sull'azionario) che tira su gli indici all'occorrenza. Il punto è qui: credere al rimbalzo o prepararsi invece a nuove fasi di debolezza. Tutto dipende dal profilo di rischio dell’investitore”.
Ecco che, per un atteggiamento più prudente o più aggressivo, si possono ipotizzare due portafogli.
“Nel primo caso, l'azionario è al 20% delle risorse investite. Metà su esposizioni globali e diversificate, l'altra metà su categorie azionarie low volatility e sulla tecnologia, che si è mostrata resiliente. Il 25% di liquidità euro può essere allocata in conti deposito, pronti per entrare a step sull'azionario o su altre asset class più rischiose. La parte obbligazionaria guarda perlopiù al segmento investment grade della zona euro. Per compensare i rischi poi vedrei un 5% di oro, un 5% di dollaro Usa e un 15% di debito governativo globale.
Nel portafoglio più aggressivo c'è più azionario (40%) con titoli value (settori con valutazioni sacrificate) e small cap. L'obbligazionario (35%) è composto dal debito emergente, dal debito ad alto rendimento (15%) e dall'investment grade globale. Il 15% di liquidità, anche in questo caso, serve per aggiustamenti da fare nei prossimi mesi, in caso di debolezze temporanee del trend. Le materie prime (5%) si possono dividere tra oro e petrolio”.