Le alternative ricadono tra fondi pensione
aperti e i piani individuali (Pip). Ma quale scegliere?
Su Plus24 di sabato 3 maggio la risposta di Giuseppe Romano.
La partecipazione alla previdenza complementare è una scelta libera e volontaria e ogni lavoratore può aderire a una delle diverse forme previdenziali: fondi pensioni negoziali, fondi pensione aperti o Pip (piani pensionistici individuali). In particolare i lavoratori autonomi e i liberi professionisti possono aderire individualmente a un fondo pensione aperto o a un Pip. È possibile anche aderire a un fondo pensione territoriale, per chi opera per esempio in Veneto, e se l’associazione di categoria di appartenenza o l’ordine professionale sigla un accordo con un fondo pensione di riferimento (aperto o negoziale) è possibile per i lavoratori autonomi (almeno in teoria) anche l’adesione collettiva.
I fondi pensione aperti (Fpa), a differenza di quelli detti negoziali o di categoria, non hanno origine da accordi o contratti fra le parti sociali, bensì nascono dall’iniziativa unilaterale di banche e società di gestione del risparmio. Al Fpa si può aderire sia collettivamente, sia individualmente ed è il gestore a operare in autonomia tutte le scelte relative alla vita del Fondo. «Nei Fpa - spiega Giuseppe Romano di Consultique - è rilevante conoscere la struttura contrattuale, dal profilo dei costi alle prestazioni offerte (soprattutto quelle in forma di rendita), ma anche aspetti non contrattuali: dimensione del patrimonio, numero degli iscritti, andamento delle linee finanziarie nel passato, la capacità di supportare gli aderenti dal punto di vista informativo e consulenziale, anche al di là degli obblighi di legge».
I Pip sono prodotti assicurativi considerati a tutti gli effetti fondi pensione e come tali rispettano gli stessi aspetti giuridici e fiscali. Per quanto attiene la tipologia del sottostante in cui investono, possono essere di Ramo I collegati alle cosiddette Gestioni separate (gestione prevalentemente obbligazionaria con o senza minimi garantiti e/o garanzia del capitale) oppure di Ramo III collegati ai fondi interni (unit-linked) che a loro volta investono in fondi comuni e Sicav. I versamenti effettuati dal lavoratore nei Pip, a eccezione dell’eventuale versamento del Tfr, sono deducibili dal reddito ai fini Irpef fino ad un massimo di 5.124 euro annui, al pari dei fondi pensione aperti e negoziali. Occorre infine considerare che nei Pip, soprattutto se di tipo unit-linked , gli oneri risultano molto articolati e in media più elevati rispetto a quelli previsti nei fondi pensione aperti.