Nella disperata ricerca di rendimenti, con i tassi a zero, è salito prepotentemente alla ribalta l’investimento in private equity negli ultimi anni. Si tratta prevalentemente dell’acquisizione di partecipazioni in società non quotate. Sono tradizionalmente asset illiquidi con orizzonti di investimento medio lunghi, che possono offrire interessanti opportunità ma anche rischi.
Il tema degli illiquidi è molto attuale. Si tratta di classi di investimento normalmente proposte sotto forma di fondi che richiedono soglie di accesso minime, scese comunque oggi anche a 100mila euro, e un orizzonte temporale in media di 8/10 anni.
I rendimenti annui attesi di questi prodotti spesso sono a due cifre ed hanno una caratteristica di grande decorrelazione con tutte le asset class nei portafogli che li contengono. Il piccolo risparmiatore che non ha ampie dotazioni può comunque sfruttare l’opportunità di questo mercato inserendo in portafoglio Etf legati al comparto, anche se è fondamentale capire il funzionamento di questi strumenti.
«Sono strumenti azionari - spiega Fulvio Marchese, consulente finanziario - che investono in società specializzate in strutturazione e gestione di fondi di private equity. Ad esempio personalmente seguo l’Ishares listed private equity (quotato su varie piazze internazionali, ndr), che è ai vertici di performance delle classifiche azionarie con una performance del 15% annuo medio nell’ultimo decennio. I titoli gestiti dall’Etf non sono direttamente fondi di private equity ma, indirettamente, società finanziarie che, appunto, li strutturano e gestiscono questi fondi, incassano laute commissioni da queste attività, anche tra il 5 e il 10% annuo e questo rende le società appetibili per gli utili derivanti dalla loro attività caratteristica». Certo che è pur sempre un investimento azionario, va diversificato ed ha i rischi tipici di questo segmento, qualora le Borse dovessero imboccare la strada del ribasso.
L’accesso a questi strumenti è disponibile anche per gli investitori che puntano su Piazza Affari. «A Milano - spiega Andrea Cattapan, analista Consultique - sono quotati due Etf legati alle società di gestione del private equity, uno strumento Lyxor e uno Xtrackers. Mentre a Francoforte è quotato un Etf Ishares, che con 350 milioni di masse ed è il più grande».
Tutti e tre hanno benchmark diversi ma le performance sono simili: sui 5 anni il progresso è nell’ordine del 70%. Si tratta di valori in linea con l’indice Msci World.
«Comprando questi Etf - continua Cattapan - ci si espone su una asset azionario e più precisamente su società che gestiscono fondi di private equity. I loro ricavi dipendono da commissione di gestione e quindi anche da andamento operazioni private equity ma non lo riteniamo una modalità anche indiretta per esporsi sul private equity. Si tratta di un investimento azionario che ha un beta maggiore rispetto all’indice azionario mondiali, quindi amplifica le performance. Si tratta di un tema da poter tenere in portafoglio come tema satellite».
Se il risparmiatore ritiene che il private equity possa svilupparsi e quindi le commissioni dei gestori possano aumentare significativamente allora questo è il tema su cui puntare.
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