Per evitare sorprese sui prezzi meglio gli strumenti “fisici”.
Ecco quali su Plus24 di sabato 15 aprile.
Investire direttamente nel settore della commodity non è, per il piccolo risparmiatore, un’operazione semplice come acquistare un bond o un’azione. Le materie prime vengono infatti prevalentemente scambiate attraverso derivati (future), contratti a scadenza attraverso i quali le parti si impegnano a consegnare un determinato prodotto sottostante a un valore prestabilito. Acquistare un future richiede competenze (l’apertura di margini, gestire i contratti in scadenza, etc.) con rischi che non tutti gli investitori sono in grado di sopportare.
Per accedere in maniera più semplice alle commodity, diventate un asset class a tutti gli effetti per diversificare il portafoglio, oggi il piccolo risparmiatore ha sostanzialmente due canali: quello di acquistare Etc (Exchange traded commodities) o fondi che investono direttamente in commodity oppure comprare fondi o Etf (Exchange traded fund) settoriali che investono in azioni legate al mondo delle commodity. In quest’ultimo caso si tratta di società che operano nel business dell’estrazione e della lavorazione di risorse minerarie. I valori di queste società (ad esempio colossi come Rio Tinto o Bhp Billiton) sono correlati ai prezzi delle materie prime, ma rispondono anche a dinamiche societarie proprie. Chi investe in commodity deve anche mettere in conto l’effetto valuta se la materia prima è espressa in dollari a meno che lo strumento non sia coperto da rischio cambio (con la denominazione “hedged”).
«È opportuno sapere - spiega Piermattia Menon, analista di Consultique - che i fondi comuni di investimento Ucits non possono investire in maniera diretta nelle materie prime, cioè non possono detenere fisicamente le commodities. È consentito, invece, l’investimento tramite strumenti derivati a condizione che vengano rispettate le altre regole di concentrazione. Pertanto non si potrà mai trovare un fondo comune Ucits che investe in una singola materia prima». I fondi (e anche alcuni Etf) che investono direttamente in commodity sono quindi per forza diversificati e sono diversi rispetto ai fondi che investono in azioni legate alle commodity.
È invece possibile trovare degli Etc che investono in una singola materia prima con o senza l’utilizzo della leva in quanto questi strumenti non sono fondi comuni ma strumenti di debito. Gli Etc investono sia al rialzo che al ribasso e possono avere replica sintetica (con l’uso dei derivati) oppure fisica, in questo sono garantiti da materie prime depositate dall’emittente, perciò il loro valore è strettamente legato all’andamento del prezzo “spot” della materia prima e non subisce quindi le tecnicalità legate all’investimento in contratti derivati. Per far questo servono materie prime stoccabili e non deperibili (metalli preziosi in primis). Rispetto agli Etf, nel caso degli Etc l’investitore deve sostenere il rischio emittente, per mitigarlo vengono utilizzati diversi metodi di collateralizzazione come garanzia.
«Chi approccia gli Etc non fisici per l’investimento in materie prime - continua Menon - deve sempre tenere in considerazione che l’utilizzo di strumenti derivati può generare il cosiddetto “effetto contango”. In sostanza la necessità di rinnovare periodicamente il contratto derivato sottostante che giunge a scadenza comporta generalmente un costo di che in alcune condizioni può essere molto penalizzante. Il consiglio che possiamo dare è di usare questi strumenti solo per operazioni di breve termine considerandone l’instrinseca inefficienza. Gli Etc “fisici” invece non soffrono di questo problema».
L’altra alternativa è quella di investire nell’azionario settoriale e quindi nelle società che si occupano di estrazione e lavorazione delle materie prime (dalle società minerarie, etc). «In questo caso - conclude Menon - possiamo trovare molti fondi comuni (si veda tabella in pagina, ndr) ed Etf. Lo strumento avrà quindi caratteristiche equity, l’investitore dovrà solamente tenere conto che l’andamento dei titoli sarà influenzato non solo dal mercato in generale ma anche dal prezzo delle materie prime». Solitamente i titoli azionari legati alle commodity amplificano, al rialzo e al ribasso, i prezzi delle materie prime. Ad esempio, da inizio 2016 i titoli auriferi (in base all’indice settoriale internazionale Ftse gold mine) guadagnano circa il 60% a fronte dell’incremento del 15% del prezzo del metallo giallo. Ovviamente quando i prezzi dell’oro scendevano l’effetto è stato opposto.
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