Non basta guardare ai rendimenti Vanno analizzati costi e garanzie eventuali dei gestori
Con quota 100, ma anche con la Fornero e ancora primi con la riforma Maroni. Il secondo pilastro resta una costante per chi desidera pianificare la propria vecchiaia. In particolare per coloro che, dopo la riforma Dini, riceveranno un vitalizio pubblico commisurato ai soli contributi versati. Si tratta di una vasta platea, ossia coloro che a quella data non avevano ancora 18 anni di anzianità contributiva necessaria per rientrare nel sistema misto. Ci sono tre vie per costruirsi una pensione di scorta scegliendo tra gli strumenti ad hoc che consentono di poter contare sulle deduzioni fiscali dei premi versati (che si spera permarranno anche in futuro). Ai fondi pensione chiusi, istituiti dai contratti o accordi collettivi dedicati ai lavoratori del rispettivo settore, si affiancano i fondi pensione aperti gestiti da banche o Sgr e chiunque vi può aderire. Infine, i Pip sono dei contratti di assicurazione sulla vita, di ramo I (polizze tradizionali collegate a gestioni separate) o di ramo III (polizze unit-linked collegate a fondi interni) istituiti da un’impresa di assicurazione.
Per evitare però che il secondo pilastro si riveli un affare soprattutto per chi struttura e distribuisce i prodotti previdenziali è bene, prima di scegliere, avere le idee chiare e guardare soprattutto ai costi e non solo ai rendimenti. «Per i lavoratori che hanno la possibilità di aderire a un fondo pensione chiuso il consiglio è di puntare su quest’ultimo – spiegano dalla società di consulenza indipendente Consultique –. I fondi chiusi hanno commissioni più contenute rispetto agli altri prodotti di previdenza integrativa e, inoltre, il lavoratore può godere del vantaggio del contributo datoriale».
Se invece, magari perché non esiste il fondo di categoria, si opta per le alternative (fondi pensione aperti e Pip), il rendimento non è l’unica variabile da considerare.
Per questo Consultique ha elaborato un proprio modello di rating: un indicatore sintetico che assegna un giudizio da 1 a 5 stelle (i fondi migliori sono quelli con 4-5 stelle). Per l’assegnazione del rating la metodologia Consultique prevede l’utilizzo di diverse variabili, sia quantitative (i costi e il rendimento degli ultimi 3 anni), sia qualitative (la garanzia del capitale e la dimensione del patrimonio). Ogni linea di ciascun fondo viene valutata rispetto ad altre linee della medesima categoria, la media ponderata dei posizionamenti delle varie linee esprime la posizione nella classifica generale.
I fondi aperti offrono diverse linee di investimento. «Data la finalità previdenziale dell’investimento, tendiamo a sconsigliare le linee azionarie, caratterizzate da un profilo di rischio alto – spiegano da Consultique –. I Pip legati a gestioni separate ramo I risultano più efficienti in questo periodo rispetto alle linee garantite dei fondi aperti (si veda articolo in basso)».
Pip Unit troppo costosi
I Pip collegati a fondi interni, invece, risultano essere prodotti meno efficienti rispetto ai fondi pensione, in quanto sono spesso gravati da costi più alti. È molto importante che il risparmiatore ponga attenzione sui caricamenti e sulle commissione di gestione annua dei fondi interni facendo attenzione all’Isc (si veda scheda).
Un aspetto molto importante da considerare è che i contributi versati non possono essere svincolati fino al momento del pensionamento, salvo alcune eccezioni. È ammessa, infatti, l’anticipazione fino al 75% della posizione per spese sanitarie; decorsi otto anni dall’iscrizione e fino a un massimo del 75% per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa (anche per i figli); decorsi otto anni dall’iscrizione, per altre esigenze dell’iscritto ma fino a un massimo del 30%. Per coloro a cui mancano ancora parecchi anni al pensionamento, questo è un aspetto rilevante che occorre valutare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA