Lunedì 15 gennaio - Corriere Economia
Più tempo, più progetti ambiziosi
L’inizio dell’anno è un momento propizio per fare nuovi progetti, anche di tipo finanziario. Meglio se con un orizzonte più ampio dei prossimi 12 mesi, magari con l’idea di accantonare un «tesoretto» da destinare ai figli o nipoti per il futuro. Gli obiettivi possono essere svariati: finanziare le spese dell’università o di un master, predisporre un anticipo per la casa che un giorno vorranno acquistare o un capitale per l’avvio di un’attività professionale. Vale una regola comune: maggiore è il tempo a disposizione, più ambizioso potrà essere il risultato dell’investimento. Diversi strumenti finanziari si prestano a questo utilizzo: con l’aiuto di Smileconomy, l’Economia del Corriere ne ha messo in evidenza tre — un buono fruttifero postale dedicato ai minori, un piano di accumulo (pac) e un fondo pensione da intestare al figlio (o nipote) minorenne.
Due sono le situazioni di partenza prese in esame: la famiglia che ha già a disposizione un capitale da mettere a frutto e quella che, invece, deve iniziare da zero, versando una piccola quota tutti i mesi. Nel primo caso, la somma a disposizione è di 10 mila euro e viene utilizzata per acquistare un buono fruttifero postale dedicato al minore, che ha una durata massima di 18 anni. La remunerazione di questa soluzione di risparmio emessa da Cassa depositi e prestiti sale dal 3%, nell’ipotesi che dopo soli 18 mesi venga richiesto il rimborso anticipato, fino al 6% nel caso di un investimento di almeno di 17 anni (vedi articolo nella pagina a destra in alto).
In equilibrio tra rischi e benefici
La seconda opzione è un piano di accumulo da 100 euro al mese da versare in un etf bilanciato, un fondo quotato in Borsa, a replica passiva di un paniere composto per metà da azioni globali e per il resto da bond governativi: qui l’idea è di centrare l’obiettivo entro la maggiore età dell’erede: a seconda dell’età attuale del bambino, da zero a 13 anni, l’orizzonte di riferimento varierà, di conseguenza, tra 18 anni e cinque anni, con risultati evidentemente molto diversi (vedi articolo nella pagina a destra, al centro). La terza strada è quella di versare 100 euro al mese in un fondo pensione, che può essere intestato ai figli o nipoti, anche se minorenni. Quest’ultima potrebbe sembrare un’ipotesi un po’ bizzarra, considerato l’orizzonte pluridecennale.
In realtà non lo è, per diverse ragioni: da una parte, le nuove generazioni saranno più esposte ai rischi di un percorso lavorativo discontinuo, con implicazioni non trascurabili sul futuro pensionistico: predisporre fin da subito una rendita integrativa, per rimpolpare l’assegno dell’Inps, potrebbe tornare utile. Dall’altra parte, il fondo pensione si presta bene ad essere utilizzato come serbatoio di risparmi: da alimentare negli anni, facendovi confluire paghette e altri regali finanziari di genitori, zii e nonni, a cui attingere un domani per i progetti più importanti: trascorsi otto anni dall’iscrizione al fondo, infatti, si può ottenere un anticipo fino al 75% del montante (capitale versato più rendimenti) per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa, e fino al 30% per qualsiasi necessità.
Come si dovrebbero comportare i genitori
Se si inizia a versare molto presto, quando l’intestatario è ancora un bambino o un ragazzo, si risolve il problema del vincolo temporale da superare prima di poter fare un riscatto parziale. Senza dimenticare i vantaggi fiscali: i contributi versati a favore di un figlio a carico sono deducibili fino a un tetto massimo di 5.164 euro. Significa che se il genitore, con il proprio piano previdenziale, non raggiunge la soglia massima di deducibilità, versando in un fondo pensione intestato al figlio, ottiene uno sconto sulle tasse. «Bisogna fare bene i conti, però», segnala Piermattia Menon, analista di Consultique: forse, in linea di massima, è preferibile che il genitore contribuisca al proprio fondo pensione, sfruttando pienamente la deducibilità, in modo da garantirsi alla pensione un reddito complessivo tale da non dover gravare sui figli. C’è poi anche la possibilità che il figlio un futuro si trasferisca all’estero andando a complicare in modo non banale la questione previdenziale», dice Menon. «Al di là dello strumento scelto — annota Andrea Carbone, fondatore di Smileconomy — ciò che può davvero fare la differenza è iniziare il proprio percorso di accumulo il prima possibile, per sfruttare i rendimenti che si possono ottenere nel lungo periodo».
Buoni postali: come arrivare alla maggiore età con un «tesoretto»
II sollevamento dei tassi d’interesse da parte della Bce, allo scopo di contenere la spirale inflattiva, ha reso più attraenti, accanto ai titoli di Stato, anche i Buoni fruttiferi postali, emessi da Cassa Depositi e Prestiti (Spa controllata dal Ministero dell’Economia) e garantiti dallo stato italiano. Nella variante dedicata ai minori, gli interessi maturano fino al compimento del 18esimo anno, con un rendimento che sale all’aumentare della durata dell’investimento, dal 3% (18 mesi) al 6% lordo (dopo 17 anni dalla sottoscrizione). La remunerazione — per un parcheggio della liquidità fino a 15 anni — è allineata al rendimento a scadenza dei Btp di pari durata, con i quali il Buono condivide altri due privilegi: la tassazione agevolata (12,5%) e l’esenzione dalle imposte di successione. Non sono previsti, per altro, costi di sottoscrizione, gestione e rimborso. Proviamo a fare i conti: 10 mila euro destinati a un Buono fruttifero per i minori sottoscritto, per ipotesi, al momento della nascita di un bambino diventeranno 17.700 al compimento della sua maggiore età, al netto dell’inflazione e delle varie spese. «Anche sulle scadenze brevi, il tasso del 3% consente di compensare la perdita di potere d’acquisto dovuta al carovita», osserva Andrea Carbone, fondatore di Smileconomy.
Questo strumento tuttavia ha una criticità da non sottovalutare: «Essendo intestato al minore, rimane di fatto congelato fino alla maggiore età: per ottenere in anticipo il rimborso, serve l’autorizzazione del giudice tutelare. Di fatto, questo inibisce uno dei principali pregi dei Buoni, ovvero la possibilità di dismetterli in anticipo senza esporsi al rischio di possibili perdite in conto capitale, che è da tenere presente, invece, quando si acquista un titolo di stato», dice Piermattia Menon, analista di Consultique. «Al raggiungimento dei 18, i fondi finiscono a tutti gli effetti nella titolarità del figlio (o nipote) cui è intestato il prodotto di risparmio: una scelta che potrebbe essere ritenuta imprudente da alcuni genitori, nel dubbio che il neo maggiorenne sia o meno in grado di farne un uso responsabile». Lo stesso tema riguarda anche i libretti al risparmio per minori. «Se l’orizzonte è e breve o medio, per esempio sotto i cinque anni, un’alternativa potrebbe essere la sottoscrizione di etf (fondi quotati ndr) obbligazionari a scadenza», argomenta Menon: questi strumenti mostrano un funzionamento simile a quello di un titolo di stato, ma a fronte di una diversificazione molto più accentuata, grazie all’esposizione a centinaia di titoli diversi».
Piano di accumulo: in equilibrio tra azioni e obbligazioni
Cento euro al mese investiti per 18 anni in un etf bilanciato, con esposizione identica (50%) ad azioni globali e bond governativi, potrebbe generare un capitale di 26 mila euro, 5.000 euro in più rispetto a quanto versato, al netto della fiscalità e dell’inflazione. Se si inizia quando il bambino ha 13 anni, il risultato sarà più modesto, 6.300 euro. I calcoli provengono da una simulazione realizzata con metodo probabilistico da Andrea Carbone, fondatore di Smileconomy, in base all’andamento storico dei mercati finanziari (vedi tabella nella pagina a fianco). «Personalmente il piano di accumulo è la soluzione che preferirei», dice Piermattia Menon, analista di Consultique. «È vero che non gode di alcun beneficio fiscale, ma essendo sottoscritto dal genitore o nonno, eviterebbe qualsiasi problema di intestazione al minore (vedi articolo sopra): al termine, si potrà valutare serenamente se l’erede, ormai maggiorenne, è già in grado di gestire responsabilmente la somma accantonata o se sia meglio posporre il regalo finanziario. Dovendo scegliere, opterei per un pac su un etf azionario globale per sfruttare il lungo orizzonte temporale», precisa Menon.
Storicamente i mercati azionari hanno offerto maggiori gratificazioni rispetto ai bond, sulla lunga distanza, pur a fronte di una volatilità superiore: un dollaro puntato su Wall Street nel 1900 oggi ne varrebbe oltre 2000, (tolta l’inflazione), contro i 7,8 euro di un analogo investimento nei governativi Usa. Con il passare delle generazioni, i ritorni stanno progressivamente calando, ma l’equity mantiene un premio di rischio e rendimento. Merito della capitalizzazione composta: in ogni anno contraddistinto da performance positive, i guadagni ottenuti vanno ad allargare la base di calcolo su cui matureranno i rendimenti futuri. «Quando ci si avvicina all’obiettivo prefissato, meglio destinare i versamenti a un fondo obbligazionario, in modo da essere certi che eventuali andamenti di Borsa avversi, negli ultimi anni, non distruggano le performance accumulate. Ovviamente — rileva Menon — questa decisione avrebbe una ricaduta sul piano fiscale, perché andranno pagate le imposte sulle plusvalenze maturate. La stessa scelta sarebbe meno penalizzante nel caso di un fondo pensione, che consente di effettuare uno switch, da una linea azionaria a una obbligazionaria, più conservativa, senza pagare le tasse, dato che i rendimenti subiscono già il prelievo anno per anno».
Fondo pensione: per la rendita di scorta il fisco è più leggero
«Il pac non si può intestare a un minore. Al termine del piano, quindi, emergerà il tema dell’eventuale trasferimento di intestazione all’erede, che presuppone un atto pubblico», dice Piermattia Menon, analista di Consultique. In sostanza, occorre andare dal notaio e pagare le relative imposte di donazione (ferma restando la franchigia di un milione di euro) a meno che non si tratti di un’erogazione di «modico valore», ovvero tale da non incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante e del donatario e da non arrecare pregiudizi a terzi, violando le quote di legittima. Un’alternativa percorribile è quella di versare 100 euro al mese in un fondo pensione intestato al minore. Ai vantaggi fiscali, qui fanno da contraltare i vincoli di destinazione: trascorsi otto anni dal primo versamento, infatti, si può attingere al montante accumulato, con limiti precisi, a seconda delle finalità di spesa. E in ogni caso, bisogna ricordare che la finalità principale di questo strumento rimane quella pensionistica: il serbatoio di risparmi non dovrebbe mai essere esaurito.
A quale risultato si può ambire, investendo con metodo tutti i mesi? Nell’ipotesi di effettuare versamenti per 18 anni consecutivi in una linea bilanciata — metà azioni, il resto bond — una volta maturati i requisiti per la pensione, si otterrà una rendita vitalizia di 285 euro al mese, calcola Andrea Carbone, fondatore di Smileconomy, «corrispondenti a un capitale equivalente di oltre 82 mila euro: qui bisogna tenere presente che il montante accumulato di norma non può essere interamente liquidato, al momento della pensione: la quota massima che si può riscattare è la metà, il resto sarà erogato sotto forma di rendita vitalizia», sottolinea Carbone, che precisa: «Il 100% si può ottenere solo se il capitale non supera i 90 mila /120 mila euro (a seconda del fondo pensione)». È interessante ragionare su un’altra ipotesi: se l’intestatario del fondo pensione, una volta entrato nel mondo del lavoro, darà seguito al piano dei versamenti iniziati dai genitori e nonni alla sua nascita, al momento della pensione potrà avere ottenere una rendita vitalizia di 647 euro. «Anche iniziando “solamente” a 13 anni — calcola Carbone — i versamenti nel fondo pensione potrebbe portare a rendite nell’ordine dei 430 euro netti al mese, sempre al netto dell’inflazione».