Le pongo il mio quesito che credo sia comune anche ad altri padri di giovani da poco entrati nel mondo del lavoro. Mio figlio, con laurea in ingegneria di cinque anni, ha pagato il primo anno di riscatto della laurea con l’aliquota più bassa, avendo iniziato a pagare quando era ancora disoccupato. Ha pagato quindi un anno di contributi ed ora si apre il quesito se conviene andare avanti a pagare gli altri quattro o meno dato che da circa un anno lavora come dipendente assunto a tempo indeterminato e i contributi sono versati direttamente dall’azienda. Siamo consapevoli che la somma che andrebbe a pagare non essendo molto elevata (circa 5mila euro all’anno, anche se in parte detraibili) aumenterebbe di poco la sua pensione, tuttavia quello che vorremmo capire veramente è se riscattare i cinque anni di laurea gli accorcerebbe di altrettanti anni la data della futura andata in pensione. In caso contrario volendo destinare una quota mensile in un fondo di categoria (lui è ingegnere elettrico) potreste consigliarci a quale rivolgerci?
Giuseppe Romano risponde...
Il riscatto degli studi è un modo per accorciare il periodo lavorativo, ma soprattutto per incassare anche una pensione più elevata. Questo a patto che i contributi versati per il riscatto lo consentano. Va detto che il tema del riscatto degli anni di università è allo studio del Governo che sta facendo qualche considerazione sul cosiddetto riscatto flessibile.
L’ipotesi è di intervenire sul riscatto della laurea, cioè sulle modalità di versamento dei contributi per gli anni di studio universitario in modo da avvicinare il momento della pensione. Si parte proprio dalla considerazione che oggi l’operazione sia molto onerosa da realizzare, e per qualcuno sia addirittura impossibile. L’idea è quella di rendere flessibile il riscatto, potendo scegliere, non solo il numero degli anni da recuperare, ma anche la somma da versare e quindi l’effetto sull’assegno futuro. Ma vediamo
quali sono le regole attuali.
«A partire dal 1° gennaio 2008, il riscatto di laurea può essere chiesto anche da chi ancora non lavora e non è iscritto ad alcuna forma previdenziale», spiega Giuseppe Romano esperto della società di consulenza indipendente Consultique. In questo caso, il contributo per ogni anno da riscattare è pari all’importo (rateizzabile fino a 120 rate senza interessi) derivante dall’applicazione dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori dipendenti (33%) al minimale imponibile per artigiani e commercianti (15.598€ per il 2016). Il contributo è fiscalmente deducibile dal richiedente, o detraibile dai familiari dai quali il soggetto risulta fiscalmente a carico nella misura del 19% dell’importo stesso».
Nell’ipotesi in cui il periodo (una parte dello stesso) per il quale si chiede il riscatto sia coperto da contribuzione obbligatoria o figurativa, prevalgono queste ultime. Dunque se il soggetto in questione non ha avuto sovrapposizione, nei 5 anni di riscatto di laurea, tra studi universitari ed attività lavorativa non c'è nessun problema di cumulabilità.
Il riscatto del periodo del corso legale di laurea (o anche di una sola parte) è considerato utile sia ai fini della pensione di anzianità sia ai fini della pensione di vecchiaia.
«C’è da precisare che, con le regole attuali, gli anni di riscatto di laurea non sempre anticipano l’uscita pensionistica - spiega Romano. In effetti dati i requisiti stringenti anche sulle anzianità anticipate (già ad oggi ci vogliono 42 anni e 10 mesi di lavoro), si rischia di raggiungere prima i 66 anni e 10 mesi di età. Sicuramente il riscatto ha il beneficio di aumentare il montante contributivo e quindi l’importo dell’assegno pensionistico». Quanto alla previdenza complementare, proprio in un’ottica di integrazione pensionistica, si consiglia di alimentare la posizione, opzione possibile sul fondo individuato dal contratto nazionale di categoria (nel caso di specie dovrebbe essere Cometa se l’azienda è del settore metalmeccanico).