Le notizie che da qualche settimana riguardano il conflitto tra Ucraina e Russia hanno portato ad una ritrovata forza dell’oro, che è tornato a rivedere quota 1.900 dollari l’oncia, valori che aveva toccato a maggio 2021. In realtà il momento più favorevole per il metallo giallo era stato a metà del 2020, quando l’oro aveva sfiorato quota 2.100, nuovo massimo storico che aveva superato anche i livelli del 2011.
A guidare, in quel momento, i corsi di mercato sono state le due grandi dinamiche che sono maggiormente impattanti per i prezzi, ossia l’andamento dei tassi reali e il ruolo di ‘safe heaven’ tipicamente attribuita a questa asset class. Nel 2020 la caduta dei tassi reali e la situazione di deterioramento delle prospettive economiche nel periodo immediatamente post-Covid avevano portato ad una ascesa fino ed oltre ai massimi storici precedenti.
A questo è seguito un periodo di ritracciamento (quasi un -20%), ma senza avviare formalmente un periodo ‘bear’, ma salvaguardando i supporti di quota 1.670-1.700 dollari l’oncia.
Per tutto il 2021 il trend è stato quindi sostanzialmente laterale (1.670-1.900), ritrovando solo ad inizio 2022 una tonicità che sembrava essere perduta. Anche perché uno dei grandi “nemici” dei prezzi dell’oro (l’andamento dei tassi reali) hanno dato segnali di ritrovata positività, causata dai processi di inasprimento delle scelte di politica monetaria da parte delle banche centrali, in particolare la Fed.
Se osserviamo invece l’andamento più recente (da inizio anno), il tasso reale USA si è mosso da area -100/-120 basis point fino a quota -0,50/-0,60, provocato da una sostanziale lateralizzazione delle aspettative di inflazione e da una risalita invece molto rapida da parte dei tassi nominali (da 1,20 a quasi il 2%), causato dal posizionamento più hawkish da parte della FED. A questa tendenza del tasso reale non è corrisposta una discesa dell’oro, bensì una rivalutazione importante (+5,5% da inizio anno), questa volta sospinta dall’altra componente che guida i corsi della materia prima, ossia quella di ‘porto sicuro’ in periodi di tensione finanziaria (come avviene per altre asset class, come i governativi, il Dollaro USA o lo yen giapponese).
Da un punto di vista tecnico, l’oro si muove nell’intorno di una trend secolare che può essere stimata come la sua capacità di copertura delle tensioni inflazionistiche. Una capacità che, però, è tale solo se osservata in un lungo frame temporale, viste le dinamiche che possono influenzarne i corsi in frame temporali più brevi.
Ci troviamo ora non troppo distanti dai massimi assoluti, con una situazione che nel breve vede i prezzi spingere verso l’alto. Una rottura al rialzo di quota 1.920/1.930 aprirebbe la strada ad un possibile retest dei massimi assoluti, offrendo quindi un valido sostegno a portafogli che stanno soffrendo, da inizio 2021, tanto sulla parte azionaria, quanto su quella obbligazionaria. Una caratteristica che lo accumuna anche alle altre materie prime, più legate però a dinamiche geopolitiche (ex. petrolio) o alla dislocazione globale che vede uno shortage di materie prime (metalli industriali e commodities agricole.
"Quest'articolo è stato scritto a titolo esclusivamente informativo; non costituisce sollecitazione, offerta, consigli, consulenza o raccomandazione all'investimento in quanto tale non vuole incentivare in nessun modo l'acquisto di assets. Ricordo che qualsiasi tipo di assets, viene valutato da più punti di vista ed è altamente rischioso e pertanto, ogni decisione di investimento e il relativo rischio rimangono a carico dell'investitore"
Scritto da:Consultique SCF
22.02.2022