Pro e contro del riscatto: criteri oggettivi e soggettivi
Con legge 26 del 29 marzo 2019, che ha convertito il decreto legge dello scorso 28 gennaio, il governo ha dato la possibilità, in via sperimentale fino al 2021, di riscattare in modalità low cost la laurea per fini pensionistici, attraverso la cosiddetta procedura di «riscatto light». Per ogni anno di università frequentato dall’1 gennaio 1996 in avanti, fino a un massimo di 6 anni ed escluso il periodo di fuori corso, il contribuente pagherà circa 5.240. E il 100% dell’importo versato sarà anche deducibile fiscalmente. Grazie a questa novità, e ammesso che sussistano tutti i requisiti, sarà possibile andare in pensione prima dei limiti di età anagrafica attualmente previsti. Ma, fatto salvo chi ha bisogno degli anni contributivi per arrivare ai 20 richiesti dalla legge per accedere alla pensione di vecchiaia, non sempre conviene riscattare la laurea in modalità low cost.
Anzi, in 2 casi su 2 analizzati da Consultique per conto dell’Economia del Corriere, l’importo percepito riscattando in forma light la laurea e anticipando il pensionamento è inferiore all’assegno che si percepirebbe secondo i requisiti ordinari. E anche se l’uscita dal mondo del lavoro potrà essere anticipata di 3, 4 o anche 5 anni, i più attenti al presente potrebbero obiettare che è meglio godersi la vita quando si è giovani, spendendo in un altro modo i soldi per il riscatto della laurea. Insomma, la scelta è sicuramente soggettiva, ma il dato di fatto rimane: nella maggior parte dei casi, riscattando la laurea si avrà un assegno pensionistico più basso. Iniziamo col vedere chi può usufruire del riscatto low cost e cosa deve fare e poi analizziamo le 4 simulazioni realizzate da Consultique, «sapendo che siamo ancora in attesa della nuova circolare che l’Inps dovrà emanare in rettifica alla precedente del 5 marzo antecedente alla conversione in legge del decreto di gennaio», commenta Chiara Julia Favaloro, avvocato e consulente del lavoro a Milano.
Periodi riscattabili
Il nuovo regime low cost prevede la possibilità di riscattare tutti gli anni di studio, eccetto quelli fuori corso, purché conseguiti e conclusi a partire dall’1 gennaio 1996 (ossia i periodi da valutare secondo il sistema contributivo). In particolare si possono riscattare: i diplomi universitari, i cui corsi non siano stati di durata inferiore a due e superiore a tre anni; i diplomi di laurea i cui corsi non siano stati di durata inferiore a quattro e superiore a sei anni; i diplomi di specializzazione conseguiti successivamente alla laurea e al termine di un corso di durata non inferiore a due anni; i dottorati di ricerca i cui corsi sono regolati da specifiche disposizioni di legge; i titoli accademici introdotti dal decreto 3 novembre 1999, n. 509 ovvero Laurea, al termine di un corso di durata triennale e Laurea Specialistica, al termine di un corso di durata biennale propedeutico alla laurea. “È possibile anche riscattare la laurea conseguita all’estero purché il titolo accademico abbia valore legale in Italia”, fa notare Favaloro.
Tra requisiti ed esclusioni
Ai fini del riscatto in modalità low cost del periodo di laurea (accessibile senza alcun limite di età, come modificato dalla legge di conversione) è fondamentale che l’arco temporale degli anni di studio non sia coperto da versamenti contributivi. «Al momento della domanda di riscatto, poi, il contribuente deve essere titolare di almeno un contributo obbligatorio nell’ordinamento pensionistico in cui viene richiesto il riscatto», aggiunge Favaloro. Non può presentare domanda, quindi, chi non ha mai versato contributi all’Inps (salvo, in base a determinate condizioni, quanto previsto per i soggetti inoccupati). Quanto invece a coloro che sono iscritti a casse professionali o a regimi previdenziali dell’Unione europea, occorrerà attendere delle precisazioni dalle rispettive casse. In ogni caso, il periodo riscattabile non dovrà essere coperto da contribuzione obbligatorio, figurativa, volontaria o da riscatto, né presso l’Inps né presso casse professionali o regimi esteri.
A chi rivolgersi e cosa fare
La domanda di riscatto della laurea può essere presentata telematicamente, accedendo con il proprio Pin (codice personale) al sito dell’Inps. Generalmente ci si appoggia a un professionista, come un commercialista o un consulente del lavoro, o al Caf (Centro di assistenza fiscale), ma ci si può muovere anche in autonomia. Fatta la domanda, l’Inps verifica i documenti depositati e i requisiti, accertandosi dell’avvenuto versamento di almeno un contributo previdenziale obbligatorio. Successivamente, invierà i bollettini Mav da pagare insieme al provvedimento di accoglimento della domanda. Per quanto riguarda i costi, muovendosi in autonomia, o rivolgendosi al Caf, non bisognerà sostenere alcuna spesa ulteriore, salvo eventuali spese bancario o postali.
Se il riscatto lo paga il datore di lavoro
In tema di riscatto di periodi scoperti da contribuzione, affrontato dal medesimo Decreto Legge in commento unitamente al tema del riscatto di laurea, l’art. 20, comma 4, ha previsto la possibilità che i datori di lavoro del settore privato (che intendono riscattare periodi non coperti da contribuzione) possano sostenerne il relativo onere, destinando, a tal fine, i premi di produzione spettanti al lavoratore stesso. In tal caso, l’importo versato a titolo di riscatto è deducibile dal reddito di impresa e da lavoro autonomo. «Tale previsione parrebbe trovare applicazione anche per il riscatto light, solo su richiesta del dipendente e solo qualora il datore di lavoro versasse direttamente all’Inps i contributi per il riscatto o li considerasse in sede di conguaglio fiscale di fine anno o di fine rapporto, oppure qualora nel settore esista un fondo di solidarietà bilaterale – argomenta Favaloro – Sul punto probabilmente la nuova circolare applicativa dell’Inps fornirà più chiarimenti».
Le simulazioni. Inizio attività lavorativa 01/01/2011
Consultique ha effettuato per conto dell’Economia del Corriere 4 simulazioni per capire i pro e i contro del riscatto della laurea in forma low cost. In tutti e quattro i casi è stato preso in considerazione un uomo, lavoratore dipendente che ha iniziato a lavorare all’età di 24 anni, con un reddito lordo 2019 di 50 mila euro e 5 anni di laurea da riscattare. Nel primo caso, Consultique ha ipotizzato come inizio della data lavorativa l’1 gennaio 2011. Senza riscattare la laurea, e ipotizzando un’attività lavorativa continua, il contribuente andrebbe in pensione a gennaio del 2054 all’età di 66 anni con un assegno annuale loro di 52.312 euro. Usufruendo del riscatto della laurea in forma light, invece, il contribuente potrebbe andare in pensione circa 3 anni prima, ma con un assegno lordo annuo di 47.940 euro, più basso quindi di 4.371,81,92 euro.
Inizio attività lavorativa 01/01/2005
Il risultato delle simulazioni non cambia anche prendendo in considerazione un contribuente che ha iniziato l’attività lavorativa a gennaio del 2005; a 66 anni e 42 anni e 6 mesi di contribuzione, sempre ipotizzando un’attività lavorativa continua, potrà andare in pensione con un assegno lordo annuo di 46.636 euro. Riscattando gli anni di laurea in forma light, invece, riuscirà ad andare in pensione 3 anni prima, rinunciando, però, a 3.910,92 euro l’anno. Insomma, la convenienza in termini di decorrenza della pensione per persone che hanno tra 32 e 38 anni si traduce esclusivamente in un anticipo della pensione di circa 3 anni. «Diverso sarebbe se riscattassero la laurea in forma tradizionale, con un esborso complessivo, però, di 82mila euro – commenta Giuseppe Romano, responsabile ufficio studi di Consultique. In questo caso specifico (inizio attività lavorati l’1 gennaio 2005, ndr) si andrebbe in pensione con un assegno di 49.238 euro, più alto rispetto all’assegno della pensione tradizionale di 2602 euro. In termini netti, parliamo di 33.509 euro contro 30.170 euro».
Anche in questo caso, però, conviene sempre farsi due calcoli, soprattutto considerando l’elevato costo (82mila euro). Quando si raggiungerà il break-even? Ovvero, quando, dal momento della pensione, si recupererà l’investimento iniziale? Ragionando in termini netti bisognerà aspettare 25 anni, «ma considerando la deducibilità al 100% del riscatto della laurea, il costo scenderebbe a 51mila euro e di conseguenza il punto di break-even si collocherebbe a circa 15 anni dalla data del pensionamento», puntualizza Romano.
Inizio attività lavorativa 01/01/1996
Nella altre due simulazioni, Consultique ha preso in considerazione due ipotesi in cui il contribuente non può accedere al riscatto in forma light. Il primo caso riguarda un contribuente che ha iniziato a lavorare l’1 gennaio 1996. Poiché la laurea è stata conseguita prima del 1996, non è possibile accedere alle agevolazioni per il riscatto. In questo caso, quindi, servirà un investimento di circa 84 mila euro per ottenere uno “sconto” sull’età pensionabile di circa 3 anni. Nonostante il cospicuo esborso, però, l’assegno pensionistico lordo annuale sarà più basso di quello tradizionale di 1.269 euro (38.676 contro 39.945).
Inizio attività lavorativa 01/01/1995
L’ultima simulazione prende in considerazione un uomo che ha iniziato la sua attività lavorativa l’1 gennaio 1995. Anche questa persona è esclusa, da un lato perché ha iniziato a lavorare ante 1996 e dall’altro perché anche la laurea si colloca prima del 1996. In questo caso, il contribuente accederà alla pensione a 68 anni, con 44 anni e 3 mesi di contribuzione (ipotizzando sempre un’attività lavorativa continua) e con un assegno di 46.983 euro. Riscattando la laurea, invece, con un investimento di circa 85mila euro riuscirà ad andare in pensione a 62 anni, quasi 6 anni prima. Il rovescio della medaglia è che dovrà rinunciare a oltre 8.000 euro l’anno di pensione.