Entro il 2030 si prevede che gli Stati dovranno spendere complessivamente piu di 16.500 miliardi di dollari per rispettare gli impegni assunti, ma gli investimenti potrebbero anche raddoppiare.
a cura dell’Ufficio Studi e Ricerche Consultique.
Gli investitori che approcciano i mercati con ottica di lunghissimo periodo sono da sempre sensibili alle tematiche secolari (i cd. Mega-trend. Tra questi, ha un ruolo di particolare importanza la lotta ai cambiamenti climatici e la riconversione dell’economia all’energia pulita. Questo tema e tornato, recentemente, al centro dell’attenzione, in seguito all’accordo trovato nell’ambito Onu alla 21 esima Conferenza delle Parti (Cop21), che si è tenuta a Parigi. L’accordo è stato da molti criticato, in quanto ancora poco puntuale e piuttosto vago sugli impegni effettivi richiesti ai singoli Stati, ma rappresenta comunque un punto di svolta importante con implicazioni economiche notevoli nei prossimi decenni. Fino a ora, il protocollo di Kyoto del 1997, pur essendo stato firmato è ratificato da quasi tutti i paesi del mondo (a eccezione degli Stati Uniti, che lo hanno firmato, ma non applicato), prevedeva un impegno a ridurre le emissioni riguardante solamente i paesi sviluppati. A Parigi, 185 paesi, che coprono più del 90% delle emissioni totali, hanno presentato le proprie intenzioni di contribuzione all’obiettivo di ridurre progressivamente le stessa. L’Europa, promotrice dell’accordo, si è posta, entro II 2030, ii target di riduzione del 40% delle emissioni, rispetto al 1990, tramite interventi legislativi vincolanti. Gli Stati Uniti si sono, invece, posti l’obbiettivo di ridurre le emissioni del 26%, rispetto ai livelli del 2005. Anche i paesi emergenti si sono impegnati a promuovere una crescita a minore impatto ambientale, pur in un contesto d’incremento delle emissioni dovuto alla crescita economica. L’accordo si concretizza nell’intenzione di contenere a 1,5 gradi l’innalzamento della temperatura rispetto ai livelli pre-industriali. Secondo |’International Energy Agency, entro il 2030 gli Stati dovranno spendere complessivamente più di 16.500 miliardi di dollari americani, per rispettare gli impegni assunti, ma considerando le possibili implicazioni in termini di crescita minore, alcuni commentatori ritengono che II costo totale possa anche raddoppiare. L’accordo prevede anche un aiuto di 100 milioni di dollari l’anno per i paesi emergenti.
Risulta, dunque, evidente la necessita di importanti investimenti in ricerca e sviluppo, e per la diffusione delle energie rinnovabili; Inoltre, questo obiettivo dovrà implicare una maggiore partecipazione del settore privato.
Secondo l’ultimo rapporto “Global Trends in Renewable Energy lnvestments”, nel 2014 sono tornati ad aumentare gli investimenti in energie rinnovabili, dopo due anni di cali, riportando il livello totale a 270 miliardi di dollari (nel 2004 erano 45 miliardi. Il rapporto evidenzia come il maggiore interesse sia per i temi solare ed eolico, mentre diminuisce l’interesse per le biomasse. In questo contesto, il costo di produzione di energia da fotovoltaico ha raggiunto, ormai, livelli paragonabili a quelli delle forme tradizionali, mentre il geotermico, l’eolico on-shore e l’idroelettrico sono, a tutt’oggi, le metodologie meno costose di produzione.
Sul mercato italiano degli Etf, sono presenti alcuni interessanti prodotti azionari per un investimento tematico sulle energie pulite. iShares offre un Etf che replica l’indice S&P Global Clean Energy, comprendente le 30 maggiori società al mondo il cui business e legato alle energie alternative. Dalia composizione del fondo rileviamo che il 30% dell’indice investe in Europa, il 27,5% in Cina e il 20% negli Stati Uniti; vi e pertanto una notevole esposizione ai mercati emergenti. Powershares ha quotato un Etf correlato all’indice Kilderhill New Energy Global Innovation, che misura le performance di 105 società attive o coinvolte, a livello globale, nella produzione di energie rinnovabili, efficientamento energetico, controllo dell’inquinamento e dell’ immagazzinamento di energia. Anche in questo caso, lo strumento presenta una significativa esposizione ai mercati emergenti (circa il 30%). Lyxor propone la replica dell’indice World Alternative Energy (sviluppato da Société Générale), composto dalle 20 maggiori società al mondo che operano nei settori dell’energia rinnovabile, dell’efficienza energetica e della distribuzione decentralizzata dell’energia, cui viene applicato un limite di peso del10% per mantenere una sufficiente diversificazione. Il benchmark ha un’esposizione ai mercati emergenti molto più bassa rispetto agli indici precedentemente citati. Infine, Amundi offre un Etf correlato a un benchmark denominato Msci World Low Carbon, che si discosta dai precedenti, per logica d’investimento.
Questo prodotto, infatti, investe nel mercato azionario globale escludendo dal proprio perimetro d’investimento le società con alta intensità di emissioni fossili e quelle che detengono un alto rapporto di riserve di combustibili fossili, rispetto alla capitalizzazione. Si può Investire nel mercato azionario globale, dunque, riducendo di circa il 50% |’impatto ambientale dovuto alle emissioni, e mantenendo un’esposizione pressoché identica rispetto a||’indice generale (Msci World). Come si può vedere dal grafico 1 (pag. 20), tutti gli indici sopra citati hanno sofferto il calo degli investimenti in energie rinnovabili dopo II 2011, mentre si e assistito a una forte ripresa durante il 2013, quando gli indici delle rinnovabili hanno registrato un +50% circa contro il +24% dell’indice mondiale (valori in Usd). Per |’indice Msci World Low Carbon non sono disponibili dati prima del 2014, quindi non e stato riportato nel grafico, ma il suo storico risulta avere un andamento molto simile a quello dell’Msci World. L’unico Etf ad accumulazione dei proventi e quello di Amundi, mentre tutti gli altri Etf distribuiscono periodicamente un dividendo. Powershares e iShares effettuano una replica fisica degli indici, anche grazie al fatto che questi sono composti da un numero contenuto di titoli, mentre gli Etf di Amundi e Lyxor utilizzano una strategia di replica sintetica. Nessuno degli Etf citati offre una copertura del rischio di cambio.