Anche se ancora non sono noti gli sfidanti del presidente uscente Macri, in Argentina ci si prepara alla campagna elettorale che culminerà nella prima tornata delle elezioni presidenziali del 27 ottobre. Il governo di centrodestra e l’approccio più market friendly di Macri non ha portato ai risultati sperati. La stabilizzazione dell’inflazione è ancora lontana: su base annua ad aprile si è attestata al 55,8%, mentre su base mensile ha superato il 3%. Inoltre il Paese sudamericano è in recessione da inizio 2018: l’ultima rilevazione del Pil relativa al IV trimestre 2018 ha registrato una contrazione del -6,2%. La forte incertezza economica ha indebolito il Peso argentino che nell’ultimo anno è stata la valuta che si è deprezzata di più nel mondo. In un anno e mezzo si sono avuti tre diversi presidenti della Banca centrale argentina.
Il clima non è quindi facile per gli investitori. Sulla scadenza a tre mesi i tassi dei titoli governativi superano il 50%, mentre ad un anno si spingono quasi fino al 70%. Nelle scadenze superiori ad un anno la curva diviene poi fortemente inclinata negativamente fino a raggiungere tassi di interesse del 27% sulla scadenza a 8 anni. Nell’ultimo anno l’indice S&P Merval della Borsa di Buenos Aires ha guadagnato il +15% in valuta locale, che si traduce in un -32% se valutata in euro. Si tratta di una performance ampiamente più bassa rispetto a quella dell’indice Msci Latin America che nello stesso periodo ha ottenuto un +18,29% in euro. È possibile esporsi al mercato argentino tramite fondi ed Etf. Inoltre è possibile investire direttamente in titoli governativi argentini, sia denominati in dollaro sia denominati in euro.