La clausola di rischio cambio presente nei leasing indicizzati al franco va annullata in quanto è un vero e proprio strumento finanziario (un derivato over the counter) presente nel contratto. Non solo. I l tasso Euribor al quale è parametrato il pagamento degli interessi di prelocazione non può essere “generico” ma deve essere indicato precisamente (tre, sei o dodici mesi). Sono questi i due principi espressi dal Tribunale di Udine che - con la sentenza 98 del 24 gennaio 2018 - ha revocato un decreto ingiuntivo ottenuto da Aquileia capital services (già Harit, ex Hypo Alpe Adria Leasing) sui canoni scaduti e non pagati. Aquileia è stata anche condannata a restituire all’impresa utilizzatrice dell’immobile quanto dovuto a titolo di rischio cambio.
Il derivato implicito
L’impresa (assistita dagli avvocati Eleonora Ferrarese ed Enrico Bastianello del Foro di Verona e, per la parte tecnica finanziaria, da Daniele Duca della società di consulenza indipendente Consultique) ha stipulato nel 2002 un contratto di leasing che a causa dell’apprezzamento del franco avvenuta nel gennaio del 2015 (quando la Banca nazionale svizzera ha abbandonato la parità con l’euro) ha dovuto pagare ingenti fatture, soprattutto per la sottoscrizione di questo derivato “embedded” (come si dice in gergo finanziario) presente nel contratto di leasing.
Il Tribunale di Udine ha classificato questa clausola come un vero e proprio strumento finanziario visto anche che il contratto di leasing prevedeva alla stipula prima l’indicizzazione allo yen e, soltanto in un successivo momento, è stato ancorato al franco. I giudici friulani hanno annullato la clausola di rischio cambio anche perché la stessa clausola aveva introdotto nel contratto uno strumento finanziario dotato di una causa propria e autonoma rispetto al contratto di leasing, la cui autonomia è sottolineata proprio dal fatto della liquidazione separata dei flussi finanziari prodotti e dalla natura aleatoria della stessa clausola.
Visto che la clausola rischio cambio non è soltanto un corrispettivo del contratto di leasing, quindi, ne consegue che la stessa clausola deve rispettare le regole di condotta del Testo unico della finanza (Tuf, Dlgs 58/1998).
Il tasso di interesse
Nella sentenza, inoltre, si afferma che nel contratto gli interessi di prelocazione erano indeterminabili poiché era indicato che gli interessi di prefinanziamento erano calcolati al tasso «Euribor aumentato di 1,5 punti percentuali» senza specificare quale tipologia di “Euribor” veniva poi concretamente applicato tra quelli presenti all’interno di una serie di tassi definiti per durate di tempo differenti.
L’indicazione di un tasso di interesse indeterminabile, poi, equivale alla omessa indicazione del tasso di interesse e ha le conseguenze dell’articolo 117 del Testo unico bancario (Tub), cioè il ricalcolo al tasso nominale minimo dei BoT annuali emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto. Infine, i giudici friulani indicano nel concreto che l’indeterminatezza degli interessi di prelocazione si è ripercossa addirittura sull’intero piano finanziario e, dunque, sull’importo dell’anticipo, dei canoni mensili, dell’opzione d’acquisto e su tutte le indicizzazioni al tasso e al cambio. Provocando così un danno ben maggiore rispetto al ricalcolo dei soli oneri di prelocazione che comunque è stato riconosciuto in pieno all’impresa.
Così Aquileia capital services
«A fronte delle molteplici censure sollevate dal cliente - fanno sapere dalla società di leasing -, la sentenza ha accolto soltanto la domanda di nullità degli interessi di prefinanziamento e la tesi della natura di derivato della clausola rischio cambio. La questione degli interessi di pre-ammortamento deriva dalle caratteristiche specifiche del contratto oggetto di causa, quindi non è applicabile genericamente alla tipologia di contratti cui appartiene quello oggetto della pronuncia. Quanto alla questione dell’assimilazione della clausola rischio cambio a un contratto derivato - continuano da Aquileia -, osserviamo che in altre occasioni lo stesso Tribunale di Udine ha negato tale assimilazione. Si vedano, tra le altre, le sentenze n. 345/13 del 18 marzo 2013, n. 7085/14 del 20 maggio 2017 e n. 593/14 del 12 gennaio 2014. Infine, ricordiamo che la sentenza non è definitiva e di aver già dato mandato ai nostri legali di appellarla».
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