Plus24 | Certificati. Investitori a caccia di strategie per proteggersi

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Sabato 27 luglio  - Plus 24, p.7

Le emissioni a capitale protetto valgono il 61% tra aprile e giugno

Continua con numeri sostenuti l’emissione di certificati di investimento nel corso dell’anno. Il collocamento sul mercato primario nel secondo trimestre 2024 è stato pari a 6.413 milioni di euro, in linea con quanto registrato nel primo trimestre (6.472 milioni), secondo quanto emerge dai dati diffusi da Acepi, l’associazione degli emittenti.

In termini di ripartizione dell’ammontare collocato per tipologie, il secondo trimestre del 2024 ha visto una crescita del 9% dei prodotti a capitale protetto, rispetto ai prodotti a capitale condizionatamente protetto, che subiscono una flessione del 7% rispetto al primo trimestre del 2024. Nella seconda frazione dell’anno è cambiato il mood dei sottoscrittori rispetto a quanto registrato tra gennaio e marzo. Nel primo trimestre di quest’anno infatti si era evidenziato un ritorno di interesse verso i prodotti con protezione condizionata del capitale (arrivati a rappresentare il 42%, +16% rispetto a fine 2023). Il secondo trimestre ha riportato emittenti e investitori sui prodotti a capitale protetto, che tornano a rappresentare il 61% del totale collocato a fronte del 35% dei prodotti a capitale condizionatamente protetto.

Il rimanente 4% dei volumi collocati del secondo trimestre 2024 è riferito alle Credit Linked Notes, che scendono di 2 punti, dal 6% del primo trimestre, tornando al livello dell’ultimo trimestre 2023 e confermando un trend oscillatorio intorno al valore medio del 5% da inizio 2023. Si tratta di strumenti che consentono l’esposizione a obbligazionari societarie o governative: vengono pagati premi purché non si verifichino eventi avversi.

«Lo scenario di stabilità dei tassi - spiega Giovanna Zanotti, Direttore scientifico di Acepi - per un periodo prolungato, rispetto alle stime di inizio anno, con mercati azionari tonici ma con numerose incertezze geopolitiche (due conflitti bellici, corse elettorali importanti e dense di incognite, una guerra commerciale tra Usa e Cina dai risvolti tutti da determinare), ha fatto propendere gli investitori verso la ricerca di protezione, in una situazione di mercati ben lontana dai recenti massimi e in netta compressione».

Si conferma, sin da inizio anno, la fiducia degli investitori nella possibilità dei mercati di generare valore e dividendi in numerosi settori dov’è presente ancora marginalità e possibilità di ulteriore crescita. I premi pagati interessano sia i certificati a capitale protetto che quelli a capitale condizionatamente protetto. «Questi dividendi - conclude Zanotti - consentono all’industria dei certificati di costruire strutture con un maggior grado di protezione, con barriere più profonde o con flussi attesi durante la vita del certificato, con scadenza maggiore e possibilità di restituzione anticipata del capitale investito, nel caso di strutture con autocallability, anche con barriere decrescenti».

Strumenti. Etf delistati, ecco come muoversi
Uno dei prossimi Etf a uscire di scena a Piazza Affari sarà l’ iShares Ftse Italia Mid-Small Cap: lo stop dovrebbe concretizzarsi nella seconda metà di agosto. Da inizio anno, secondo quanto risulta a Plus24, sono una trentina gli Etf che hanno interrotto le contrattazioni. Di per sé non significa scomparire del tutto dal listino, visto che in alcuni casi il delisting apre le porte alla fusione ad esempio con un altro strumento.

Tornando al caso Ishares, BlackRock commenta che «le decisioni relative alla nostra gamma di prodotti si basano su molteplici considerazioni, tra cui la loro idoneità all’interno dei portafogli di investimento, la domanda di prodotti e i riscontri degli investitori. La chiusura di un fondo fa parte del ciclo naturale dell’innovazione del settore e garantisce l’efficienza della nostra piattaforma di prodotti e del più ampio ecosistema di quotazione». L’investitore che è in possesso di uno strumento destinato al delisting deve informarsi sui motivi dell’operazione: capire se avrà in mano un nuovo strumento per effetto di operazioni di integrazione, oppure se sarà un delisting puro e in questo caso se l’uscita di scena riguarda solo Milano o altre piazze.

«I motivi principali - spiega Rocco Probo, analista Consultique - per cui avvengono i delisting sono legati al fatto che i prodotti hanno masse non sufficienti a rendere profittevole la quotazione . In realtà nell’ultimo anno vi è stata una fase di delisting o fusioni anche di strumenti con masse rilevanti, ma sulla base di logiche commerciali successive alla fusione tra Amundi e Lyxor ad esempio. Allo stesso modo si muoveranno probabilmente Credit Suisse e Ubs nei prossimi mesi, anche se il numero di strumenti interessati è molto più limitato».

L’investitore deve essere innanzitutto informato dall’intermediario. «In alcuni casi - conclude Probo - lo strumento non cessa di esistere, ma si limita la quotazione solo su mercati europei diversi da Borsa Italiana. In tal caso le valutazioni sono più che altro operative e legate al costo dell’investitore ad operare su mercati diversi da Borsa Italiana. Nel caso in cui, invece, fosse delistato da qualsiasi borsa allora la valutazione da fare è se vendere al mercato o attendere il rimborso.

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