A Milano avanzano i cloni con strategie attive. A oltre 20 anni dal lancio dei primi strumenti il metodo di replica passiva resta preponderante ma circa il 5% dei 1.476 fondi quotati sul listino lascia discrezionalità al gestore: prevale l’approccio Esg
Gli Etf attivi sembrano una contraddizione rispetto all’idea che ci siamo fatti negli anni degli Exchange traded funds. Gli Etf, infatti, sono fondi passivi quotati in Borsa, nati come strumenti semplici ed economici per puntare all’andamento di un mercato senza pretendere un valore aggiunto. L’incertezza attuale, però, chiama un maggiore discrezionalità del gestore. Ma allora cosa differenzia gli Etf attivi da un fondo comune tradizionale?
«Gli Etf sono sempre stati considerati strumenti passivi, - spiega Annacarla Dellepiane, Head of Sales Italy di HANetf -, mentre in realtà sono soltanto un involucro. Le differenze tra Etf attivi e fondi comuni di investimento consistono, innanzitutto, nella frequenza di negoziazione e nella trasparenza». Gli Etf, infatti, sono scambiati in tempo reale, mentre i fondi comuni tradizionali possono essere comprati o venduti al massimo una volta al giorno. Inoltre, il portafoglio dei titoli dell’Etf è visibile tutti i giorni, mentre quello dei fondi comuni è pubblicato al massimo una volta al mese. «Con gli Etf - afferma Dellepiane- è più facile monitorare le performance e prendere decisioni sull’opportunità di investire. In aggiunta, gli Etf attivi hanno costi inferiori a quelli dei fondi comuni».
Viceversa, gli Etf attivi costano di più di quelli passivi, perché hanno bisogno di maggiori risorse. Ci sono comunque delle eccezioni. Per esempio, l’Etf passivo Spdr Msci Acwi Etf ha un costo annuo dello 0,4% a fronte dello 0,25% dell’Hsbc Multifactor Worldwide Equity, un Etf attivo simile. «Lo Spdr Msci - precisa Rocco Probo, analista di Consultique - è un Etf storico, ha un grande patrimonio ed è molto liquido. Dunque, è molto richiesto dagli investitori, disposti a pagare commissioni più elevate. Gli Etf più recenti e più piccoli, invece, devono essere più competitivi».
I pochi Etf attivi che hanno almeno tre anni di vita sembrano dare risultati di poco superiori a quelli dei passivi, ma non c’è ancora regolarità statistica. Si nota, tuttavia, che la correlazione tra Etf attivi e passivi è molto elevata: quando il rapporto è vicino a 1, vuol dire che due entità si muovono quasi in parallelo. «La possibilità di differenziare un po’ il portafoglio senza distanziarsi troppo dal benchmark - aggiunge Probo - può essere anche un vantaggio, perché non si accentua il rischio gestore, che può anche dare risultati molto altalenanti se c’è una discrezionalità elevata».
Secondo Travis Spence, head of Etf distribution Emea di JPMorgan AM, gli Etf attivi possono, infatti, rappresentare una soluzione intermedia per ottenere risultati migliori dei mercati di riferimento senza rinunciare al vantaggio della quotazione, che permette all’investitore di muoversi velocemente, soprattutto se i listini sono volatili: «Gli Etf attivi e i fondi comuni - afferma Spence - condividono le strategie e i processi di ricerca e di analisi per la selezione dei titoli. Per gli Etf attivi, però, le scommesse fuori dagli indici di mercato sono più contenute e riviste meno di frequente. Dunque, in linea di massima, hanno una minore capacità di generare extra-rendimento, anche per la necessità di una gestione del rischio più stringente (data dalla quotazione giornaliera, ndr)».
Gli Etf attivi sono offerti ancora da poche case di gestione in Italia, che dispongono già di comitati di investimento. Tra le maggiori ci sono JPMorgan, Fidelity, Invesco, Pimco, Vanguard e Franklin Templeton, che così accedono a un bacino di risparmiatori molto appetibile.
«Gli Etf attivi - dice Rosario Sarcone, head of wholesale Italia di Fidelity international - sono una soluzione interessante per la costruzione di un portafoglio diversificato e consentono di mitigare alcuni limiti degli indici tradizionali, attraverso la selezione dei titoli e la possibilità di ribilanciare o modificare i portafogli anche in periodi diversi rispetto agli indici».