Sabato 16 dicembre - Plus 24, p.5
Anche i Pac vanno maneggiati con cura
Il piano di accumulo (Pac), non è soltanto un prodotto finanziario, è anche un ottimo strumento per controllare le emozioni ed evitare così di compiere scelte sbagliate in fasi di mercato particolarmente turbolente. L’investimento rateale ha la peculiarità di mediare i picchi dei listini, ridurne la volatilità, frazionare il rischio nel tempo, ma soprattutto educare a risparmiare. E così chi riceve un Pac come regalo di Natale, imparerà ad usarlo come una specie di salvadanaio da implementare mese dopo mese attraverso versamenti costanti che possono essere nell’ordine dei 100 euro. Ma per capire meglio la dinamica di un investimento di questo tipo e il rendimento che ha offerto in passato, nell’infografica in pagina, elaborata con la collaborazione della società di consulenza indipendente Consultique, sono stati delineati due scenari. Uno è relativo al decennio che va dal 2003 al 2013 e l’altro a quello dal 2013 al 2023. Per ciascuno dei due archi temporali, è stato ipotizzato un investimento in Pac con cadenza sia mensile sia semestrale su un Etf che replica l’andamento dell’indice delle Borse mondiali. Nel primo decennio il montante conseguito è di 15.940 euro con un tasso di rendimento del 5,62%, nel secondo di 19.583 euro con un rendimento del 9,6%. C’è poi la simulazione del piano di accumulo con versamenti semestrali. In questo caso il capitale cumulato dal 2003 al 2013 è di 16.170 euro (6,15% il tasso di rendimento) e dal 2013 al 2023 di 19.575 (9,98%), pressoché uguale a quello ottenuto con versamenti mensili.La differenza tra una cadenza mensile e una semestrale è nei costi di negoziazione: maggiori sono i versamenti, più volte si pagano ma, d’altro canto, investendo con meno frequenza si rischia di non cogliere delle occasioni.
«Non è detto che convenga sempre aspettare ad accumulare una cifra più elevata per risparmiare sui costi - osserva Piermattia Menon, analista di Consultique -, dipende ovviamente da come va il mercato. Ma come regola generale conviene sempre cercare di minimizzare i costi». Analizzando i dati, il risultato nel decennio scorso è stato migliore rispetto al 2003-2013 «perché ha inciso la crisi del 2008 che ha avuto un periodo di recupero molto lungo - prosegue Menon - e successivamente quella dei debiti sovrani. Nell’ultimo decennio invece le crisi sono state molto più rapide nel risolversi. In tutti i casi abbiamo imputato costi di negoziazione abbastanza contenuti, anche se il minimo di 2,95 euro ha un impatto significativo su versamenti di 100 euro».
È chiaro quindi che se l’intermediario richiede un minimo più elevato, versare così poco alla volta non ha senso. Insomma, la variabile costi va analizzata bene. «Nel caso in cui si utilizzassero dei fondi comuni, invece degli Etf - continua Menon -, si potrebbero evitare i costi di negoziazione ma la commissione di gestione annua risulterebbe molto più elevata, anche del 2% in luogo dello 0,25% di un Etf, andando a penalizzare l’esito della strategia. Inoltre alcuni intermediari addebitano commissioni di ingresso per i Pac in fondi comuni e in qualche caso le commissioni di ingresso calcolate su tutto il periodo di investimento vengono addebitate alla prima rata, che solitamente è più elevata di quelle periodiche successive». L’investitore deve quindi prestare attenzione quando gli viene proposto un Pac, poiché potrebbe da un lato vincolarsi contrattualmente a un versamento periodico e dall’altro subire anche notevoli costi di ingresso.