Sabato 14 settembre - Plus 24, p.8
Opportunità su bond con scadenze medio lunghe di Germania, Italia e Francia
Nel breve termine la situazione appare sotto controllo. Ma nel medio-periodo lo spread BTp-Bund, cioè il termometro del “rischio” che corrono i nostri titoli di Stato, potrebbe far preoccupare i detentori dei nostri bond sovrani. Certo, in autunno qualche aumento dello spread potrebbe verificarsi a causa della legge Finanziaria, comportando così magari un “aggiustamento” del proprio portafoglio, ma è dal 2026 che bisognerà guardare con attenzione allo spread influenzato dalle dinamiche di crescita economica e, di conseguenza, dal rapporto debito/Pil. Ma vediamo i tre motivi del perché oggi siamo relativamente tranquilli e “domani” forse no.
Strumenti di difesa
Il primo motivo che ha portato oggi lo spread alla tranquilla quota di 145 punti base è dovuto a una serie di strumenti di difesa a disposizione delle autorità Ue, e in particolare della Bce, per contenere la “frammentazione”, cioè i movimenti molto violenti degli spread (non soltanto quello di Italia vs Germania ma in generale tutti i differenziali tra i paesi Ue). Questo strumento non cambierà: la consapevolezza di un “ombrello protettivo” delle autorità europee e della Bce rappresenta l’elemento che contribuisce a rendere poco probabili fortissime “impennate” dello spread.
Leggi finanziarie
Il secondo motivo di uno spread “tranquillo” oggi è dato da una serie di leggi finanziarie approvate dai governi italiani negli ultimi anni, in linea con le richieste delle autorità Ue di mantenere il debito sotto controllo (a eccezione ovviamente degli anni della pandemia). Ma in autunno, come sovente accade, la definizione e l’approvazione della “manovra” per il successivo anno rappresenta un potenziale elemento di tensione. Leggi che “divergano” troppo dai dettami europei con deficit troppo elevati, possono creare i presupposti per un aumento dello spread. La Finanziaria 2025 potrebbe dunque suscitare qualche tensione, anche se in generale la situazione non sembra tale da suscitare sconquassi sui mercati, semmai qualche breve fase di volatilità.
Crescita economica post Pnrr
Infine, lo spread è a 145 punti base anche grazie a una serie di provvedimenti della Ue a favore della crescita economica, ultimo dei quali il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma dal 2026 (fine del Pnrr) è prevista una graduale riduzione dell’impatto del Piano sui dati di crescita economica e ciò ha potenzialmente due effetti: (1) ridurre le entrate fiscali; (2) frenare la crescita del Pil facendo quindi peggiorare il rapporto debito/Pil.
Rapporto debito/Pil
In generale, quindi, la stabilità dello spread è legata a un andamento del rapporto debito/Pil complessivamente in riduzione successivamente al “picco” raggiunto a fine 2020/inizio 2021 in conseguenza dei provvedimenti anti-pandemia. «Questo – avverte Jacopo Ceccatelli, responsabile direzione clientela istituzionale di Finint private bank Spa – è forse l’aspetto che nel medio termine deve essere più attenzionato. Secondo le previsioni della Commissione Ue, infatti, l’Italia assieme alla Francia è l’unico dei principali paesi europei per il quale è previsto un aumento, seppure molto graduale, nei prossimi anni. Non è forse un caso che, da un lato la Francia è l’unico paese con la tendenza dello spread in aumento, e l’Italia quello con il livello assoluto di spread ancora più elevato (maggiore anche di Grecia e Portogallo, si veda articolo a fianco ndr). Tutte queste considerazioni, comunque, danno per scontato che la Germania mantenga inalterato il suo “status” di Paese al di sopra di ogni rischio. Ma i recenti dati e le notizie sia economiche sia politiche – conclude Ceccatelli - segnalano un paese con crescenti difficoltà. Per quanto sia ancora solo un’ipotesi, non si può più escludere che in futuro lo spread BTp-Bund possa ridursi non tanto o non solo per il miglioramento della situazione italiana, quanto per il peggioramento di quella tedesca».
La gestione del portafoglio
«Sebbene i prezzi dei titoli di Stato siano già cresciuti nelle ultime settimane – sottolinea Giuseppe Messina, Cfa Consulente finanziario indipendente – ci sono ancora opportunità fra i bond governativi sulle scadenze medio lunghe di Germania, Italia e Francia. Per chi ha in portafoglio titoli con preponderanza di scadenze brevi potrebbe essere opportuno un leggero ribilanciamento verso quelle più lunghe. Per l’Italia, fatte salve le “sorprese”, sempre possibili, a cui il nostro sistema ci ha abituato in tanti anni di instabilità politica, non si intravedono al momento motivi per l’inasprimento dello spread. La fiammata di agosto può considerarsi transitoria, anche se non è del tutto chiaro se le conseguenze della crisi del “carry trade” incentrata sullo yen si siano del tutto manifestate o meno».
Grecia, Spagna e Portogallo meno rischiosi del Belpaese
Sui mercati finanziari la Grecia (ormai da 1 anno a dire il vero) è considerata meno rischiosa dell’Italia, così come più “tranquille” del nostro Paese sono ritenute Spagna e Portogallo. Tutto ciò amplia l’opportunità di mettere nel portafoglio, per diversificare, altri bond sovrani “mediterranei”, oltre a quelli del Bel Paese (con questi ultimi che danno comunque un rendimento maggiore). In ottica di portafoglio, infatti, le obbligazioni governative, complice anche la volatilità azionaria vista durante il mese di agosto, tornano a svolgere una funzione di cuscinetto, cioè di protezione durante le fasi di volatilità.
I maggiori rendimenti
A offrire i maggiori rendimenti sono dunque l’Italia (decennale al 3,63%) e la Grecia (decennale al 3,22%), con la relazione tra i due Paesi ormai capovolta da oltre un anno (si veda tabella in alto). Infatti, il tasso necessario per convincere gli investitori ad acquistare bond sovrani italiani è più alto, rispetto a quello offerto dai titoli greci. Buona notizia per gli investitori in BTp, cattivissima notizia per lo stato italiano che deve finanziarsi a costi più alti tra i vari paesi dell’eurozona.
Lo spread Italia-Grecia sul titolo a 10 anni oscilla da molti mesi tra i 40 e i 50 punti base (0,5%). La motivazione non riguarda soltanto l’aggregato del debito pubblico in termini assoluti (l’Italia viaggia verso i 2mila miliardi, la Grecia procede in calo a circa 431 miliardi) ma deve essere comparato alla ricchezza nazionale. In base a questo confronto, infatti, il rapporto debito/pil italiano è pari al 143,4%, mentre quello greco a 155,7%.
Il debito della Grecia è dunque maggiore? Sì, ma il mercato percepisce un maggiore rischio verso il debito italiano a causa di diversi fattori: le agenzie di rating (attualmente attribuiscono un outlook tendenzialmente negativo sul nostro debito); lo spread tra i titoli di Stato; le decisioni di politica economica; la crescita del Paese. Insomma, tutti questi elementi hanno contribuito a portare il livello di tassi d’intesse sul debito italiano tra i più alti d’Europa.
I rischi di Spagna e Portogallo
Sono considerate dal mercato meno rischiose dell’Italia, poi, Spagna e Portogallo (e Francia), i cui rendimenti decennali oscillano stabilmente sotto il 3%, con alcune opportunità ancora sopra i 3 punti percentuali, con movimenti di appiattimento delle curve che, come il resto dell’eurozona, stanno mostrando una discesa più veloce sulla parte breve rispetto alla parte lunga.
Cosa aspettarsi?
«Il livello attuale delle curve - spiega Marco Chinaia, analista finanziario di Consultique Scf - è caratterizzato da un movimento di appiattimento verso la normalizzazione, più accentuata sulla parte di breve, maggiormente sensibile alle aspettative sul taglio dei tassi previste per il prossimo biennio (2024-2025). Il percorso di normalizzazione della politica monetaria dovrebbe procedere senza intoppi e questa diminuzione dei rendimenti potrebbe continuare, salvo alcune ripartenze dell’inflazione verso la fine del 2024 per gli effetti base positivi. Con riferimento alla parte di medio\lungo - conclude Chinaia -, il punto decennale, che dovrebbe esprimere una proiezione della politica monetaria e del ciclo economico nel lungo periodo, attualmente ha scontato una discesa dei rendimenti decisa, ma più lenta rispetto alla parte di breve, tenendo aperte possibilità per il mercato di vedere una recessione per l’eurozona e un ciclo economico in fase di inversione o una fase di transizione verso una possibile inclinazione positiva o il protrarsi di un inclinazione negativa.