COSTI, NELLA SFIDA VINCONO GLI ETF
Dopo la stretta sulle performance fee arriva un altro intervento Esma sui costi ingiustificati dei prodotti Ucits
È in arrivo una nuova stretta sui costi da parte dell'Esma. L'Autorità di regolamentazione dei mercati mobiliari dell'UE sta per avviare un'azione comune di vigilanza (Common Supervisory Action) con le autorità nazionali sui costi e le commissioni degli strumenti Ucits in tutta l'Unione europea.
Un’attività, questa, che come in altri casi (nel 2019 è stata sul tema della liquidità dei fondi) sarà condotta nel 2021 per valutare la conformità degli enti vigilati alle disposizioni in materia di costi nel quadro degli strumenti Ucits e l'obbligo di non addebitare agli investitori costi indebiti A tal fine, le singole authority si adegueranno al briefing sulla vigilanza dei costi pubblicato dall'Esma nel giugno 2020. Il lavoro di verifica riguarderà anche le entità che utilizzano tecniche di gestione efficiente del portafoglio (EPM) per valutare se rispettano i requisiti stabiliti nel quadro degli Ucits e nelle linee guida dell'Esma sugli Etf e altre questioni relative ai prodotti Ucits. La valutazione di questa attività. compresi l'ambito di applicazione, la metodologia, le aspettative di vigilanza e la tempistica, e il risultato di uno sforzo comune per condurre un'azione di vigilanza convergente, migliorare la fiducia degli investitori nei mercati finanziari e testare l’efficacia delle attuali normative. Tanto è vero che l'attività alla quale saranno sottoposti gli intermediari (probabilmente dei questionari) sarà analoga in ogni Paese.
COSTI DI PERFORMANCE SOTTO LA LENTE
Non è la prima volta che l'Esma interviene sul tema dei costi dei fondi. L'ultimo intervento in ordine di tempo è quello sulle commissioni di performance, ovvero i costi aggiuntivi che gravano sui fondi in caso di rendimenti positivi in termini assoluti rispetto ad un benchmark. D'ora in avanti sono prelevabili solo se il risultato del fondo è stato positivo per cinque anni e una sola volta l’anno, non più con cadenza mensile o trimestrale come è accaduto fino ad oggi. Il tema non è di poco conto visto che le performance fee costituiscono una buona fetta dei ricavi delle società di gestione: secondo un report di Mediobanca Securities le Sgr quotate a Piazza affari nel 2019 hanno incassato quasi un miliardo, pari al 36% degli utili, e nei primi 9 mesi del 2020 217 milioni. Dopo le linee guida in aprile, in novembre l’authority europea ha pubblicato un documento per regolamentare e uniformare il calcolo di questi oneri. Le authority locali le hanno recepite e così le nuove regole sono entrate in vigore il 5 gennaio per i nuovi fondi mentre per quelli esistenti gli intermediari hanno tempo fino a dicembre. C'è da dire che in Italia alcuni intermediari si erano già adeguati visti i paletti imposti già dal 2005 da Bankitalia sui fondi di diritto italiano.
LA GARA TRA FONDI E ETF
Nella gara tra Etf e fondi un'ampia letteratura nel corso degli anni ha messo in evidenza la forbice tra fondi comuni ed Etf. In particolare, è stato sottolineato il maggiore costo dei primi verso i secondi per le strategie attive di investimento sull’azionario (lo scorso anno, per esempio, un altro studio Esma metteva in risalto un differenziale superiore all'1% medio annuo in base al criterio dell’ongoing cost); la seconda evidenza è che non sempre i maggiori costi sono garanzia di migliori rendimenti. Non solo. Spesso se non ben guidato per il risparmiatore è difficile scegliere un fondo che poi si riveli effettivamente tra i migliori e che riesca quindi a battere il benchmark nel periodo di detenzione. Per tutti i fondi così come per gli Etf vale una regola principe il rendimento realizzato non è una garanzia di ugual risultato per il futuro.
Ma di quanto i fondi a gestione attiva sono più cari degli Etf? «Dalle nostre analisi sui prodotti dei principali operatori – sottolinea Piermattia Menon, analista di Consultique - rileviamo che in media i prodotti azionari, considerando quelli tematici ancor più onerosi, rispetto ai corrispondenti Etf, costano in media tra l'1 e il 2% in più; mentre i prodotti obbligazionari dallo 0,75% all'1,5% in più. Inoltre, è bene ricordare che i costi di entrata ed uscita possono pesare diversamente sul singolo investitore. Se il fondo è tenuto per breve tempo commissioni di ingresso ed uscita possono avere un impatto maggiore mentre su arco temporale più lungo l’impatto potrebbe essere inferiore perché spalmate su più anni. Questo vale ancora di più per gli Etf, dove l'ingresso e l’uscita si computano sul mercato primario quando invece il risparmiatore li acquista sul secondario».
Lucilla Incorvati