FEE-ONLY, IL PREZZO DELL’AUTONOMIA: 10 ANNI PER “ENTRARE” NEL MERCATO
La strada del riconoscimento dei consulenti autonomi, più noti come fee-only, in Italia è stata lunga e tortuosa.
Il consulente fee-only è arrivato sul mercato quando imperava la figura del consulente finanziario, un professionista che lavorava in modo esclusivo per una società mandante, retribuito in funzione delle commissioni pagate dal cliente su prodotti e servizi collocati (l’ex promotore finanziario), e ha rotto gli schemi. Sull’esempio di quanto accade in mercati più evoluti del nostro, la sua proposta è diversa: remunerazione solo a parcella, come un avvocato o un commercialista, spesso con un contratto a tempo oppure sul singolo consiglio prestato, ma ben lontano da provvigioni basate su volumi o sul risultato realizzato; autonomia assoluta da una società mandante e dai prodotti di una fabbrica associata al gruppo.
Un iter durata dieci anni
Ci sono voluti più di dieci anni, dal lontano 2007 quando, riconosciuta la consulenza finanziaria come attività vigilata, venne concesso attraverso una norma transitoria a chi già la prestava di continuare in attesa della nascita di un albo apposito al quale accedevano soggetti necessariamente vigilati. Tuttavia, questo meccanismo di fatto bloccò il percorso di carriera e di sviluppo dei “nuovi” consulenti che in attesa della nascita dell’albo hanno dovuto attenersi alla solo consulenza generica. Solo con l’iscrizione all’Albo, anche loro hanno potuto fornire consigli personalizzati sui prodotti finanziari da inserire in una asset allocation.
Il ruolo nell’Ocf
Nel 2018 in seno all’Ocf (Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo dei Consulenti Finanziari, associazione di diritto privato costituita nel 2007 dalle Anasf -consulenti finanziari - Abi e Assoreti - soggetti abilitati- che dal 2015 esercita la vigilanza sugli iscritti), sono state previste tre sezioni corrispondenti ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (già promotori finanziari), ai consulenti finanziari autonomi (ex art. 18 bis,Tuf) e alle società di consulenza finanziaria (ex art. 18 ter,Tuf).
Per essere iscritti all’albo sono richiesti determinati requisiti di onorabilità, indipendenza, patrimoniali (copertura assicurativa), oltre a un titolo di istruzione secondaria superiore e il superamento di una prova d’esame. Mentre è ancora in itinere il regime del praticantato per il quale si attende una messa a punto.
Ma i vantaggi dell’iscrizione all’Albo per questi professionisti sono diversi: da un lato una maggiore visibilità presso i risparmiatori, distinguendosi da coloro che propongono sul mercato servizi d’investimento anche in assenza delle necessarie autorizzazioni; dall’altro una garanzia per i clienti nel sapere che si tratta di soggetti il cui operato è comunque vigilato.
«Oggi i consulenti autonomi iscritti sono 428 con un incremento del 40% rispetto allo scorso anno e ci sono ben 52 nuove domande per l’anno in corso - sottolinea Cesare Armellini che ha dato vita nel 2001 a Consultique per fornire servizi a coloro che volevano aprirsi a questa attività e poi nel 2005 a Nafop, l’associazione di categoria più rappresentativa dei consulenti fee only, oggi associata all’Ocf - ; all’interno ci sono anche 48 Scf, società di consulenti finanziari autonomi che nella maggioranza dei casi hanno la struttura societaria di una Srl, veri e propri family office in cui spesso i singoli professionisti hanno voluto strutturarsi in forma societaria per affrontare tipologie di clienti più importanti o con tematiche più complesse da risolvere».
Concentrazione geografica
Tra le fila dei consulenti autonomi, oltre a molti ex bancari e ex consulenti finanziari, ci sono anche tanti professionisti che vi arrivano dopo esperienze diverse nel mondo della finanza. L’operatività è concentrata nel nord Italia, scarsa la presenza in centro Italia, del tutto assente al sud.
Il servizio principale proposto attiene a una pianificazione patrimoniale ad ampio spettro non più solo riguardante l’ambito finanziario ma previdenziale e pensionistico.