I mutui a tasso variabile 15 anni fa erano il 35% del totale Oggi sono solo il 10%
Nel 2021 il mercato immobiliare Usa ha registrato una tendenza positiva, se non un vero e proprio boom. Infatti, nel post lockdown, la domanda da parte di coloro che stavano acquistando la prima casa (cosiddetti first home buyers) è aumentata per il sempre più frequente smart working, per l’ingresso dei millenials nel mercato e per i tassi di interesse ai minimi storici.
Dal lato dell’offerta, la disponibilità immobiliare risulta insufficiente. E il primo iniziale motivo risale al blocco delle nuove costruzioni in risposta alla crisi dei subprime del 2008. In aggiunta l’offerta ha sofferto i rallentamenti causati dal lockdown e dalla scarsità dei materiali da costruzione. «Se l’offerta è rimasta vincolata alla disponibilità di case – spiega Giuseppe Romano, direttore ufficio studi di Consultique - la domanda invece è aumentata costantemente e, siccome i first home buyers sono soliti comprare con mutuo, le dinamiche dei tassi di interesse regolano il mercato immobiliare Usa».
Nel 2022 l’aumento dei tassi ha inevitabilmente portato a una contrazione significativa nel mercato. «Le condizioni finanziarie, in particolare dei mutui, oggi non sono paragonabili a quelle di 15 anni fa – specifica Boris Pizzolitto, responsabile investor relations di Opisas -. I mutui a tasso variabile negli Usa non superano il 10% del totale, quando nel 2008 erano più del 35%. La stragrande maggioranza dei mutui preesistenti è, quindi, bloccata a tassi sensibilmente inferiori a quelli odierni di mercato. È possibile che gli exploit del 2021 e di inizio 2022 vengano riassorbiti dalla correzione già in atto dei valori immobiliari. Allo stesso tempo è bene tenere sotto controllo i cosiddetti forbearance (concessioni di tolleranza), ovvero i rinvii temporanei dei pagamenti legati a un prestito che possono essere indicatore di potenziali future sofferenze, che attualmente è ancora molto basso».
Si sta formando una domanda inevasa consistente che potrebbe riversarsi nel mercato non appena i tassi sui mutui caleranno. «Se dovesse verificarsi un calo dei costi dei mutui dovremmo aspettarci una nuova spinta della domanda - spiega Pizzolitto -, ma sempre a fronte di un’offerta che resterà pressoché fissa. Quest’ultima, infatti, è legata alla costruzione di nuove abitazioni che però non sembra essere in atto».
Tuttavia una recessione economica persistente potrebbe incidere sullo scenario appena enunciato. «Eventuali cause esogene - prosegue Pizzolitto -, come un’escalation ulteriore del conflitto in est Europa, avrebbero effetti non facilmente prevedibili. Tra le cause endogene, invece, il perdurare della politica restrittiva della Fed potrebbe innescare una spirale recessiva e ciò porterebbe a un ulteriore slittamento nella soddisfazione della domanda latente sulla prima casa.
La Fed, però, potrebbe rivedere la sua politica monetaria restrittiva, non solo di fronte a un evidente successo nel combattere l’inflazione, ma anche se dovesse esserci una decisa decrescita economica o un forte calo del mercato del lavoro».
Riguardo le rendite da locazione immobiliare, invece, la crisi del 2008, ed anche quella del 2020, suggeriscono che gli affitti tendono ad assorbire bene eventuali contrazioni economiche reagendovi limitatamente e in modo differito. «Di base, negli Stati Uniti il numero di locatari è sensibilmente maggiore rispetto a quello italiano – dichiara Romano -. Questo è dovuto alla convenienza economica e a una forte mobilità sociale. Dall’altra parte però il mancato pagamento dell’affitto genera in tempi rapidi il fenomeno dello sfratto che, visto la sostanziale scarsità di reti sociali di soccorso, non di rado porta a vivere per strada. Queste peculiarità rendono il mancato pagamento dell’affitto un atto dalle conseguenze molto rilevanti per le vite degli inquilini morosi».
Nella crisi del 2008, ad esempio, l’aumento dei canoni di locazione, seppur inferiore, ha resistito al crollo sia delle Borse che dell’economia reale. Si è potuto anche notare un aumento costante delle unità abitative occupate da affittuari poiché una parte considerevole di chi si è visto pignorare la casa ha optato per questa soluzione. Adesso, ciò che sta accadendo è in qualche modo simile. Infatti, i first home buyers che non hanno la possibilità di comprare un’abitazione a causa del caro-mutui si stanno accontentando di una casa in locazione, portando ad un aumento di pressione sugli affitti.
Eleonora Trentini