Sono molti i fattori da analizzare quando si sceglie una polizza. Ce lo spiega Giuseppe Romano, responsabile ufficio studi e ricerche di Consultique Scf.
Nell’ultimo periodo le polizze di ramo I sono le protagoniste della raccolta assicurativa. C’è ancora del valore su questi prodotti?
Prima di giudicare una soluzione bisogna anche tenere conto del contesto in cui ci si trova. In uno scenario di tassi strutturalmente bassi, con un BTp decennale che rende 2,13% e i BoT ormai in territorio negativo questi strumenti restano interessanti: non solo ora ma anche per i mesi, e forse per gli anni a venire. Non pare esserci infatti attualmente all’orizzonte uno scenario rialzista. Anzi le ultime dichiarazioni della Bce fanno prospettare un periodo sostanzialmente stabile per i rendimenti di mercato. Anche mantenersi liquidi è diventato antieconomico: i conti correnti hanno rendimenti prossimi allo zero e per chi ha una propensione al rischio bassa, le polizze rivalutabili continuano ad essere efficienti: hanno, anche se non sempre, la garanzia del capitale (al netto dei costi) e non pagano il bollo dello 0,2% che pesa su tutti gli altri investimenti. Inoltre non si è esposti al rischio di variazione dei corsi obbligazionari come chi investe direttamente in bond a tasso fisso o in fondi e unit linked obbligazionarie.
Visto che i costi di questi prodotti sono elevati e rilevata la diminuzione dei rendimenti in atto anche nelle gestioni come si può scegliere la giusta soluzione?
Devo premettere ovviamente che questi contratti tempo fa erano più generosi e quindi chi ha la fortuna di avere vecchie polizze (magari con rendimento minimo garantito e consolidamento annuo del risultato) deve assolutamente conservarle il più possibile. Per chi invece si trova oggi a scegliere nuove polizze, vanno monitorati attentamente i costi che possono abbattere il rendimento, se non azzerarlo. Un altro elemento che va considerato è la variazione del patrimonio della gestione nel tempo: il concetto di fondo è che, in periodo di tassi bassi, se il patrimonio della gestione cresce in maniera importante, per effetto di nuova raccolta che affluisce (senza che vi siano riscatti o liquidazioni magari da rimborsare proprio con la nuova liquidità), si annacqua la gestione. In sostanza, se il patrimonio raddoppia in un anno in cui i nuovi impieghi sono avari è ovvio che il flusso di cedole e le eventuali plusvalenze realizzate della gestione, vengono ripartite su una massa di patrimonio più ingente e quindi il rendimento si affievolisce. Prima di scegliere va letto anche un altro indicatore: sarebbe necessario scomporre il rendimento tra flusso cedolare e plusvalenze realizzate dalla gestione. Se, per esempio, il rendimento è più dovuto dalle cedole che non alla realizzazione di plusvalenze (comunque temporanee e straordinarie) la cosa è positiva. Infine andrebbe considerata anche la percentuale di titoli di Stato italiani presenti in portafoglio, altro fattore che dovrebbe fare ben sperare rispetto alla generosità della gestione. L’ideale sarebbe anche avere visibilità sulle plusvalenze latenti e sulla scadenza media dei titoli in gestione, ma ciò non è possibile.
Ci sono comunque anche dei rischi controparte e sottostanti da considerare o il rischio Paese?
In caso di uno scenario di flessione dei titoli italiani la tenuta delle polizze dipende dall’entità della discesa, dalla consistenza in portafoglio e dal livello di panic selling che accelera le richieste di riscatto. La cosa più importante è avere presente che se il collaterale della polizza va male è la compagnia che deve garantire quando il capitale ed interessi maturati sono già contrattualmente consolidati (anche in caso in cui i corsi titoli scendano). Anche per questo le compagnie devono accantonare di più sui contratti di ramo I. Fatta questa premessa prima di scegliere a chi affidare i propri capitale bisogna considerare anche il Solvency ratio della compagnia, ossia l’indicatore che aiuta a capire l’affidabilità del gruppo.