La novità è di poche settimane fa: anche a Milano è stato quotato il primo Etf che consente di replicare fisicamente l’indice borsistico di Shangai investendo quindi direttamente in Cina sulle cosiddette "azioni A". Un passo importante, quello annunciato da Deutsche Bank, che colma una lacuna in un mondo, quello degli investimenti in Cina, molto complesso, dove gravano forti limitazioni. «Fino a oggi i nostri Etf e anche gli altri legati all’azionario cinese - spiega Mauro Giangrande, responsabile passive distribution di Dean - replicavano principalmente gli indici cinesi (tra questi il Ftse China 25) trattati a Hong Kong, quelli dove si scambiano le "azioni H".
 
Si stima che circa l’1,5% della capitalizzazione del mercato cinese sia in mano a investitori stranieri. Gli Etf sono uno degli strumenti per accedere alla Cina. Ci sono poi i classici fondi di investimento. I fondi azionari sottoscrivili dai risparmiatori italiani sono una novantina. «Si tratta di strumenti che hanno una strategia di investimento mista - spiega Francesco Caricati, analista di Consultique - ovvero tra le azioni H di Hong Kong e quelle A di Shangai e Shenzen. Dai prospetti e dalla composizione dei portafogli si può vedere dove vanno a pescare i titoli. Nella maggior parte dei casi
non c’è copertura dal cambio e quindi i prezzi sono soggetti all’oscillazione del Renminbi o del dollaro».
I fondi obbligazionari (che includono quelli monetari) investono prevalentemente in emissioni corporate in Renminbi e sono una sessanti- na. «Nei fondi obbligazionari — aggiunge Caricati - l’impatto valutario è fondamentale. La copertura però avviene prevalentemente sul dollaro e quindi non direttamente sul Renmimbi. Il legame diretto tra la valuta cinese al dollaro permette di ottenere un’ottima copertura a costi limitati».