Ho 42 anni, nato nel 1977, mi sono laureato nel 2002 in economia, corso quadriennale. Ho iniziato a lavorare nel 2003, dopo un anno di militare (riscattato).
Ora si presenta la possibilità di riscattare in forma agevolata i miei quattro anni universitari. Mi conviene approfittarne per poter guadagnare tale periodo di contributi? Oppure conviene che, magari la stessa cifra, la utilizzi per fare versamenti aggiuntivi al fondo pensione che ho sottoscritto nel 2007, sino a raggiungere annualmente la soglia dei 5.164 euro?
Il riscatto agevolato di laurea, introdotto dal Decreto-Legge n. 4 del 28 gennaio 2019, sta riscuotendo grande interesse da parte dei lettori, che sperano in questo modo di anticipare la data di pensionamento o di ottenere una pensione più generosa.
«Innanzitutto, per quanto riguarda la decorrenza, l’eventuale anticipo pensionistico dovuto al riscatto degli anni di laurea varia di caso in caso, in quanto dipende dalla storia contributiva di ciascun soggetto - spiega Giuseppe Romano, esperto di Consultique -. Per esempio, nel caso specifico del nostro lettore, ipotizzando che sia un lavoratore dipendente, che sia nato a gennaio 1977, che si sia laureato a gennaio 2002 e, dopo un anno di servizio militare, abbia iniziato a lavorare a gennaio 2003, abbiamo calcolato che il riscatto dei quattro anni di laurea, anticipa la pensione di soli cinque mesi. Infatti, non riscattando gli anni di laurea, il lettore avrà accesso al pensionamento a gennaio 2043 a 66 anni, con il requisito dei 20 anni di contribuzione e 63 anni di età (la data anagrafica va adeguata all’aspettativa alla speranza di vita). Invece, riscattando i quattro anni di laurea, potrà accedere al pensionamento con il requisito contributivo degli attuali 42 anni e 10 mesi di contribuzione, requisito che, adeguato agli incrementi alla speranza di vita, maturerà solo ad agosto 2042.
Per quanto riguarda la misura della pensione, per ogni anno di laurea il contribuente deve pagare circa 5.240 euro, quindi, l’esborso complessivo per quattro anni ammonta a 20.960 euro. Considerando un coefficiente di trasformazione a 65 anni pari a 5,245%, l’incremento della pensione ammonterà a circa 1.100 euro lordi annui, ovvero circa 84 euro lordi su 13 mensilità.
L’investimento all’interno della previdenza integrativa rappresenta un’altra tipologia di investimento da valutare sulla base del tenore di vita che si desidera in pensione e del patrimonio finanziario e immobiliare di cui si dispone. Esso offre un vantaggio fiscale, in quanto i contributi versati sono deducibili dal reddito imponibile fino alla soglia annua di 5.164,57 euro. «Tuttavia, si tratta di un investimento vincolante in quanto si potrà riscattare fino ad un massimo del 75% del capitale versato per spese sanitarie – spiega Romano –, mentre solo dopo otto anni di permanenza nel fondo si potrà riscattare il 75% per spese di ristrutturazione della prima casa e soltanto per il 30% per qualsiasi esigenza».
Il ventaglio di prodotti previdenziali è molto ampio, è importante che il lettore presti attenzione alla componente dei costi (vedi tabella) e individui poi all’interno di ogni prodotto la linea di investimento più adatta sulla base del proprio profilo di rischio.
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