I mercati azionari sviluppati, nei primi tre mesi del 2019, hanno registrato un rally a pieno ritmo, cercando di far dimenticare presto i deludenti risultati dello scorso anno e i sempre più numerosi campanelli d’allarme sullo stato dell’economia dei Paesi avanzati. Il più rumoroso tra gli alert è sicuramente l’inversione della curva dei rendimenti statunitense, determinato a fine marzo dal superamento del tasso a tre mesi sul tasso a dieci anni, anche se sulla sua affidabilità si stanno confrontando numerosi contrastanti pareri di accademici e analisti. Allo stesso modo, si discute su quale possa essere il detonatore della prossima recessione.
Tra i principali indiziati vi è il settore dell’automobile. La ragione principale è chiaramente la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, che vede nel settore dell’automobile il principale obiettivo nell’applicazione di barriere tariffarie o di incentivazione di regolamenti e norme, formalmente a tutela della sicurezza nazionale o dell’ambiente, ma che di fatto rappresentano forme di protezionismo non tariffario. Nella lotta tra i giganti, a farne le spese sono anche i singoli Paesi europei, tra i quali soprattutto la Germania si dimostra acciaccata dalla compressione nel potenziale mercato di destinazione dei propri prodotti. Analizzando i dati, infatti, si prevede una contrazione delle vendite di auto negli Stati Uniti del 2,3% nel 2019 e di un ulteriore 1,8% nel 2020. Per alcuni analisti, tali risultati rappresentano un vero e proprio paradosso, considerato il basso livello del tasso di disoccupazione negli Stati Uniti, ai minimi degli ultimi quarant’anni, e il grado di fiducia dei consumatori, ben consolidato su valori elevati (l’University of Michigan Consumer Sentiment Index, seppur in leggera contrazione rispetto al 2017, si posiziona ancora ampiamente sopra la media storica).
Tali dati, tuttavia, non considerano probabilmente il livello di saturazione del mercato delle auto utilitarie, raggiunto anche grazie a una spinta legata all’indebitamento privato. Il livello dei prestiti per auto, infatti, ha raggiunto quota 158 miliardi di dollari, di cui quasi un quarto è rappresentato da prestiti con il livello di credit score più basso (vedi grafico 1), quindi a tutti gli effetti crediti subprime. La percentuale dei crediti subprime del settore auto risulta essere sensibilmente più elevata della percentuale relativa al settore immobiliare. Questo dato, probabilmente, è alla base dell’affermazione di Jonathan Smoke, capo economista di Cox Automotive, durante gli eventi del North American International Auto Show di Detroit, secondo il quale è probabile che “il settore delle auto genererà la prossima recessione, non l’immobiliare”. Il peso del credito per auto va tuttavia, rapportato all’intera esposizione debitoria privata statunitense, nella quale rappresenta esclusivamente il 9%, peso inferiore, per esempio, rispetto all’esposizione degli student loan, che rappresentano oltre l’11% del debito privato totale e che presenta dei livelli di ritardi nei pagamenti più elevati rispetto al settore auto. I prestiti per auto non sembrano, quindi, avere sufficiente forza per destabilizzare l’intero sistema finanziario statunitense, ma possono rappresentare una delle prime tessere a cadere nell’effetto domino della prossima recessione. L’esposizione verso il settore automobilistico attraverso strumenti a gestione passiva può essere raggiunta in modo diretto per mezzo di Etf correlati a indici basati sulla Industry Classification Benchmark (ICB) utilizzata da STOXX, e in modo indiretto attraverso Etf che replicano panieri di titoli del settore dei beni di consumo discrezionali, come avviene con gli indici MSCI, che si basano sul Global Industry Classification Standard (GICS).
Sul mercato ETFplus di Borsa Italiana, in particolare, sono presenti sette Etf azionari (vedi tabella 1) che permettono un’esposizione diretta o indiretta al settore automobilistico, su scala globale o regionale. L’unico strumento che permette di esporsi a un indice interamente concentrato sul settore automotive è il Lyxor Stoxx Europe 600 Automobiles & Parts Ucits Etf. Gli altri Etf, invece, coprono il segmento automobilistico solo per una quota dell’indice complessivo. In particolare, i due strumenti di Xtrackers e Lyxor che replicano l’indice Msci World Consumer Discretionary offrono un’esposizione complessiva del 17,7% sul settore delle automobili e della componentistica per auto. Rispetto alla quota della composizione globale (World), il peso del settore auto è più consistente nello Spdr Msci Europe Consumer Discretionary Ucits Etf (tra le big europee, quindi), mentre è sensibilmente inferiore negli Stati Uniti, ovvero, nell’Invesco Consumer Discretionary S&P Us Select Sector Ucits Etf e nello Spdr S&P U.S. Consumer Discretionary Select Sector Ucits Etf. Ovviamente, il minore o maggiore peso del settore auto influenza in modo considerevole le performance dello strumento, considerato che nell’ultimo anno l’indice Msci World Auto & Components ha fatto registrare una perdita del 14,1%, rispetto alla crescita del 7,2% dell’indice (più esteso) Msci World Consumer Discretionary (vedi grafico 2).
Agli strumenti sopra elencati, infine, si aggiunge l’Amundi Etf S&P Global Luxury Ucits Etf, che si concentra su un paniere più ristretto di società attive nella produzione o distribuzione di beni di lusso o nella fornitura di servizi di lusso. All’interno di questo paniere, chiaramente, rientrano anche alcune case automobilistiche, come ad esempio Daimler AG, Tesla e BMW, presenti tra i primi dieci titoli dell’indice.