L'ufficio studi di Consultique ha realizzato un'analisi su un totale di 78 fondi di investimento e 26 exchange trade funds (ETF), rifacendosi per la selezione di questi ad elenchi già realizzati da organizzazioni impegnate nel settore, come il Forum Finanza Sostenibile per quanto riguarda i fondi, e da information provider come Morningstar per quanto riguarda gli ETF. Dei fondi analizzati, sulla base delle selezioni soprariportate, si conferma la tipica supremazia dei fondi con una spiccata o totale componente azionaria. Dei 78 fondi considerati, 52 sono totalmente dedicati al comparto azionario e tra i 14 bilanciati ben 3 investono percentuali importanti e superiori al 70% in azionario. Ancor più forte è la presenza di strumenti che investono nel comparto azionario tra gli ETF: 24 su 26 infatti replicano indici azionari, mentre solo i restanti due sono strumenti obbligazionari. La più forte presenza di fondi azionari non è di certo una novità ed è dovuta soprattutto alla modellistica di valutazione degli strumenti obbligazionari sulle basi ESG (Environmental, social and governance) ancora poco consolidata, che li rende ancora una nicchia del panorama dei fondi SRI. Nei prossimi anni, anche grazie a strumenti obbligazionari come i green bonds o i social bonds, questa categoria potrà senza dubbio crescere. E fin qui niente di nuovo.
"Poiché l’analisi di un investimento SRI deve considerare sia la valutazione finanziaria che quella legata alla creazione di valore per la società nel suo complesso, si deve considerare anche una seconda categorizzazione, ovvero quella legata alla tipologia di strategia SRI adottata dal gestore del fondo", dicono gli esperti. Sulla base della categorizzazione individuata da Eurosif, nel campione di riferimento i gestori dichiarano di seguire le seguenti metodologie:
Come per i fondi, a guidare la classifica, è la categoria che adotta una strategia best in class che, all’interno di ogni gruppo, identificano gli emittenti con i migliori punteggi ESG. Le principali strategie utilizzate dai gestori e disponibili sul mercato si concentrano sull’esclusione ex-ante, basata su determinate categorie settoriali (società in settori che producono o commerciano armi, prodotti pornografici, alcolici, ecc.) o, per quanto riguarda l’esposizione geografica, di Paesi con bassi livelli di democrazia e alti livelli di corruzione; sul rispetto di convenzioni internazionali da parte delle aziende o dei Paesi. Ancora limitata, ma con una crescita molto forte negli ultimi anni è la categoria dei fondi impact investing. Tra il 2013 e il 2015 sono infatti cresciuti del 30% e l’attenzione continua ad essere alta. Si tratta di fondi la cui gestione si preoccupa e rendiconta in modo misurabile anche i risultati non finanziari ottenuti grazie ai propri investimenti. Tipicamente questo tipo di fondi investe in imprese sociali o in istituzioni microfinanziarie.
L’offerta di strumenti passivi chiaramente non include metodologie in cui vi è un ruolo attivo del gestore, come l’impact investing e l’engagement dove il gestore partecipa ai momenti di vita delle società seguite spingendo per una maggiore attenzione verso le tematiche della sostenibilità e responsabilità sociale.