La liquidità è di fatto inesistente
e non c’è neanche una quotazione
o altro valore di riferimento.
Scoprite gli altri dettagli nella nostra
analisi su Plus24 di sabato 18 marzo
Il titolo sottoscritto dal lettore è un bond subordinato Tier II emesso da Cassa di Risparmio di Rimini nel gennaio 2015. Il bond prevede il pagamento di cedole semestrali al tasso fisso annuo del 2,50% e il rimborso è previsto alla scadenza in un’unica soluzione il 12 gennaio 2020.
Il bond non è ammesso alla quotazione in nessun mercato e non esistono fonti di prezzo Otc (over the counter), ovvero fuori mercato. È anche specificato nel prospetto che l’emittente non si impegna all’acquisto diretto dai possessori che ne facciano richiesta. Pertanto la liquidità di questo strumento è di fatto inesistente e non esiste nemmeno una quotazione di mercato.
- Gli scenari di probabilità
Dato che il bond non è quotato, che non vi sono bond subordinati dello stesso emittente scambiati sui mercati regolamentati e che non esistono neanche quotazioni di Cds (credit default swap) si è dovuto svolgere l’analisi considerando dati di mercato riferiti a titoli di emittenti con un merito di credito simile. Pertanto i valori risultanti sono da intendersi come indicazione di massima.
Secondo i calcoli svolti dagli analisti di Consultique questo bond ha una probabilità del 17% di perdere circa 77 euro su 100 iniziali (valore di recupero circa 23 euro) e del 83% dei casi può consentire un guadagno interessante dato da un rimborso atteso di 107,50 euro. Tali scenari sono coerenti con uno spread di credito di circa il 4% e una valorizzazione del bond poco più di 93 euro per 100 di nominale.
L’istituto di Rimini si trova in una situazione di difficoltà ormai da molti anni a causa di una gestione che ha portato al dissesto e causato, nel 2010, l’intervento di Banca d’Italia in amministrazione straordinaria. Questa si è conclusa due anni dopo e da allora la banca ha fatto notevoli sforzi per il contenimento dei costi e il ritorno a una gestione in utile. Ovviamente il contesto generale del sistema bancario non ha aiutato in alcun modo e, allo stato attuale, la patrimonializzazione è ancora inferiore alle richieste dell’autorità di vigilanza. In particolare nel 2015 l’ispezione della Banca d’Italia ha evidenziato carenze di capitale (ha richiesto un Cet1 al 7,80% contro il 6,22% rilevato).
Per far fronte alla ricapitalizzazione necessaria l’istituto ha fatto una richiesta preliminare di assistenza da parte dello schema volontario del fondo interbancario di tutela dei depositanti. A seguire potrebbe essere interessata all’acquisto Cariparma (gruppo Credit Agricole), ovviamente con un’offerta di mercato che comporterebbe una drastica riduzione di valore delle azioni e l’estromissione pressoché completa degli attuali soci. Vi è anche l’interessamento di un soggetto inglese che potrebbe intervenire e rilevare parte della banca a condizione che sia ripulita dai crediti deteriorati.
L’ultima ispezione di Banca d’Italia, conclusasi nel 2016, non sembra aver rilevato particolari problematiche nella gestione (la relazione però è riservata) ma ha ritenuto non congruo il prezzo delle azioni e innalzato l’ammontare richiesto per la ricapitalizzazione.