Nel terzo trimestre 2017 il Pil australiano ha registrato un incremento su base annua del 2,8%; anche se si tratta di un ritmo di crescita più lento rispetto a quello atteso dagli analisti, è necessario considerare come il periodo di espansione dell’Australia persista ormai da più di 25 anni. A supportare il Paese è sicuramente il peso delle esportazioni, pari a quasi 1/5 del Pil, in particolare verso la Cina sul lato delle materie prime. A fronte del crollo dei prezzi di queste ultime nel corso del 2015 e 2016, il Paese ha reagito con un forte taglio dei tassi di interesse, portati all’1,50% al fine di supportare consumi e investimenti. Le agenzie di rating hanno comunque valutato in calo i rischi legati all’export di commodities, mantenendo al Paese un livello di rischiosità tra i migliori, con un rating AAA da parte di S&P. Persiste tuttavia una preoccupante minaccia per quanto riguarda la bolla immobiliare, con i prezzi delle case raddoppiati dal 2009 senza un contestuale aumento dei salari reali per le famiglie, gravate inoltre da un debito privato al 190% del PIL, un livello preoccupante in vista di un rialzo dei tassi.
L’indice azionario australiano (composto per il 40% da società finanziarie) nel 2017 ha registrato una sotto performance rispetto al mercato globale, con un rendimento del 2,75% in euro. La curva dei tassi di interesse non presenta particolari differenze rispetto un anno fa, soprattutto sulla parte a breve. La curva non risulta inclinata positivamente in modo significativo, con un differenziale tra i rendimenti a 2 e a 10 anni pari allo 0,77%. È possibile esporsi sul mercato australiano tramite Etf, fondi e singoli bond in valuta.