La Germania è la “locomotiva” che negli ultimi anni ha trainato l’intera area Euro, grazie a una crescita del Pil superiore al 2% e un tasso di disoccupazione del 5,3% ai minimi da 40 anni. L’attuale solidità economica potrebbe tuttavia essere compromessa dalla recente guerra commerciale intrapresa da Trump; il Paese presenta infatti un surplus commerciale dell’8% rispetto ad una media europea del 3,5%. La politica protezionistica Usa - che potrebbe essere applicata anche sul settore auto - avrebbe effetti molto negativi per la Germania. Un effetto immediato si è riscontrato nell’indice Zew relativo alla fiducia degli investitori tedeschi sulle aspettative dell’economia, che ha registrato un forte peggioramento. L’incertezza si è rispecchiata anche sul listino azionario tedesco con l’indice Dax che da inizio anno è sceso del 4%.
La Bce, volendo guardare l’area Euro nel suo complesso, non prevede rialzi dei tassi nel corso del 2018, una probabilità che si vede solo per il primo semestre del 2019. A Ottobre 2019 scade comunque il mandato di Mario Draghi come presidente della Bce e tra i successori potrebbe esserci un candidato tedesco, con una possibile accelerazione nelle manovre di politica restrittiva.
Visto il livello di rating dello Stato sovrano molto elevato, i tassi di interesse tedeschi risultano molto bassi: ad oggi risultano positivi i rendimenti a partire da scadenze pari a 6 anni. Il bund decennale nel 2018, dopo aver toccato lo 0,80% agli inizi di febbraio, nelle ultime settimane - per effetto del cosiddetto “fly to quality” verso il segmento governativo europeo - è tornato pari a circa lo 0,50%. È possibile esporsi sul mercato tedesco tramite Etf e fondi o acquistando direttamente titoli governativi tedeschi.