Le debolezze della Cina sono il risultato di una politica di forte riduzione del debito. L’indebitamento delle aziende è aumentato molto nell’ultimo decennio e un intervento era necessario. Un altro elemento di debolezza è la pressione di Trump sul lato commerciale: solo momentaneamente è prevista una tregua di 90 giorni. Un supporto alla crescita potrebbe arrivare da una svalutazione del cambio che porterebbe a una maggiore competitività sulle esportazioni e bilancerebbe i “danni” causati dai dazi; una eccessiva svalutazione porterebbe tuttavia un effetto negativo sull’economia e sulla stabilità dei mercati, come già accaduto in passato (2015). Da inizio anno la valuta si è svalutata rispetto al dollaro di circa il 5,5%. L’economia cresce poco più del 6% annuo, rallentando rispetto ai tassi a doppia cifra di 10 anni fa. A novembre l’inflazione ha registrato una crescita in calo al 2,2% dal 2,5%, con un target al 3%. Tali livelli potrebbero creare lo spazio per eventuali operazioni di sostegno da parte della banca centrale.
Da inizio anno le azioni cinesi hanno sottoperformato i principali mercati, (Shanghai-24% rispetto al -15% dell’Msci Emerging Markets, entrambi in Usd). Le valutazioni cinesi quotano a un multiplo di 12 come P/E, livello interessante nel momento in cui si riassorbirà la volatilità; sono infatti presenti molte società con elevate prospettive di crescita a valorizzazioni piuttosto basse e sottovalutate.Con l’aumento dei Treasury, l’'interesse per i rendimenti dei titoli cinesi si è ridotto, anche considerando la variabile cambio. Il decennale evidenzia un rendimento annuo a scadenza del 3,28% e il differenziale rispetto al titolo con scadenza due anni si attesa allo 0,66%. È possibile esporsi sul mercato cinese anche tramite Etf e fondi.