Il Brasile arriva dalla fase di recessione più lunga e profonda del Paese, con contrazioni del Pil nel 2015 e 2016 superiori al 3%. Dal 2017 però gli elementi che avevano pesato sulla crisi si sono normalizzati e hanno favorito la ripresa del paese. Il Paese presenta tuttavia ancora elementi di debolezza derivanti dalla dipendenza da materie prime e dai fattori politici. L’instabilità politica è infatti ancora forte dopo l’impeachment del presidente Rousseff e il recente arresto dell’ex presidente da Silva.
A ottobre sono previste le elezioni legislative e presidenziali. Per il 2018 si stima comunque una crescita del 2,5%, consumi e investimenti hanno beneficiato del calo dell’inflazione (dal 10% del 2015 a circa il 3%) e della discesa dei tassi fino al 6,5%. In aumento il debito pubblico in rapporto al Pil salito all’80% che ha portato al downgrade del debito sovrano: per tutte le agenzie di rating il Brasile è nella fascia High Yield. I bond govoernativi in real brasiliani a un anno sono passati da un rendimento vicino al 9% al 7%. Questo, in un contesto di rialzo dei tassi nei paesi sviluppati, in primis gli Usa, potrebbe tuttavia portare un’accelerazione dei deflussi di capitale dal Paese come effetto del rapporto rischio/rendimento.
Dopo l’incarcerazione di Da Silva aumenta la possibilità di nuovi candidati, un elemento giudicato positivo dal mercato; l’indice azionario Bovespa ha reagito con un rialzo alla notizia. Nel grafico a lato emerge una sovraperformance del Bovespa (in valuta locale) rispetto all’indice generale dei mercati emergenti (in Usd). Visti entrambi in dollari da inizio anno risultano allineati, con un rendimento all’1,5%; da inizio anno il cambio (real brasiliano vs Usd) ha perso circa il 12%. È possibile esporsi sul mercato brasiliano tramite ETF e Fondi oppure acquistando direttamente titoli governativi in valuta locale o Usd