I piani di accumulo sui fondi di investimento difendono dai ribassi, ma soprattutto evitano mosse impulsive
Investire a rate può essere una buona idea quando i mercati finanziari si muovono in modo nervoso, come in questo periodo, e si prevedono momenti di correzione, che possano fornire occasioni di acquisto.
Se le Borse soffrono - come nel decennio tra il 1998 e il 2008 quando si sono verificate la bolla internet e la crisi dei mutui americani - metter sul piatto poco denaro alla volta ha contribuito a limitare le perdite. Lo dimostra una simulazione (si veda la tabella a fianco) che confronta la sottoscrizione di fondi comuni azionari globali con un pac (piano di accumulo) di 100 euro al mese e con l’acquisto in un’unica soluzione.
Viceversa, ed è intuitivo, se gli indici azionari globali salgono in modo costante - come è successo nel decennio successivo (2008-2018) grazie alla corsa di Wall Street - entrare sui mercati con una somma maggiore aumenta il tesoretto. L’ipotesi trova qualche limite nell’impossibilità di uniformare le formule di investimento offerte dalle diverse società di gestione, in particolare per le commissioni applicate sui rendimenti del fondo e sui versamenti periodici.
«Il pac è una formula che esiste da molti anni, ma non è stata resa più appetibile, né più trasparente e presenta costi occulti - spiega Marcello Rubiu, partner di Norisk -. Per esempio, scarseggia l’offerta di pac sugli Etf, i fondi passivi quotati che copiano i mercati senza cercare un rendimento maggiore».
Gli Etf, infatti, sono meno costosi dei fondi dove il gestore persegue un valore aggiunto, che comunque tende ad allinearsi a quello del mercato nel lungo termine. Però con piccoli versamenti periodici gli Etf non risultano convenienti: «Replay di Fineco - aggiunge Rubiu -offre dei pacchetti di Etf, ma le commissioni incidono tanto su somme limitate. Forse è meglio Directa Sim, che non ha un servizio specifico di pac, ma ha costi inferiori per una singola compravendita. Per investimenti di modesto importo si può anche pensare a società che offrono servizi di robo-advisory, come Euclidea o Moneyfarm».
Dare l’opportunità di investire anche a chi non abbia un capitale iniziale è un indubbio pregio del pac, insieme al vantaggio di evitare al risparmiatore di farsi condizionare dall’emotività nelle scelte del portafoglio. «Il pac - spiega Rocco Probo, analista di Consultique - trova ragione in una sana pianificazione finanziaria, in una regola comportamentale. La durata del piano dipende poi dal tipo di investimento. Per le azioni non è consigliabile scendere al di sotto dei 5/7 anni. Almeno 10 anni sono necessari a smussare le fasi di ribasso. Anche se l’ultimo ciclo azionario dura da più di dieci anni e deve ancora terminare».
La capacità allocativa, invece, è un tallone d’achille dei pac, che non prevedono il riassetto dei pesi dei diversi investimenti che compongono il portafoglio man mano che il loro valore cambia. L’effetto può essere dunque distorsivo a lungo andare. «Oltre a poter acquistare in modo progressivo - conclude Rubiu - ci dovrebbe essere la possibilità di ribilanciare in modo automatico il portafoglio di pac; di vendere una porzione o di diminuire gli acquisti. Invece, il risparmiatore deve fare i calcoli da solo».