Unit Linked a passo di carica ma queste “polizze” duplicano costi e rischi

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Unit Linked a passo di carica ma queste “polizze” duplicano costi e rischi

Unit Linked a passo di carica ma queste “polizze” duplicano costi e rischi
Il trend positivo per le polizze vita unit linked che a fine 2017, secondo dati Ania, Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, hanno contabilizzato un volume premi pari a 31,3 miliardi di euro, in aumento del 30% sull’anno precedente, tornando nuovamente ai livelli del 2015. Un risultato che spicca ancor di più se paragonato all’andamento negativo del ramo vita che ha chiuso lo scorso anno con la raccolta premi in calo nel 3,6% a quota 98,6 miliardi di euro. 

Con la diminuzione più rilevante che ha interessato il ramo I, ossia quello delle polizze vita tradizionali il cui volume premi, con 63 miliardi di euro, è sceso di circa il 15% rispetto al 2016. Il rendimento medio dei titoli di Stato italiani nel 2017 e nei primi mesi del 2018 è rimasto di poco superiore è rimasto di poco superiore all’1%. In queste condizioni i risparmiatori guardano a forme alternative per ottenere un valore aggiunto dagli investimenti, osserva Luigi Di Falco, responsabile protezione, vita e welfare di Ania.

A differenza delle polizze vita tradizionali, che investono perlopiù in titoli di Stato e obbligazioni e garantiscono un rendimento minimo, con le unit linked il denaro viene versato in quote di fondi comuni che possono essere azionari o obbligazionari. I rendimenti dipendono dunque dalla performance del fondo, il che rende queste polizze del tutto assimilabili a investimenti di tipo finanziario. Tra i vantaggi, le somme versate non possono essere pignorate o sequestrate (come per tutte le polizze vita)
Si tratta inoltre di uno strumento flessibile: ad esempio. È possibile prolungare l’investimento se alla scadenza del contratto le quote del fondo sono inferiori a quanto pagato in fase di ingresso.
 
L’altra faccia della medaglia riguarda però la rischiosità. Va infatti considerato che non vi sono garanzie di rendimenti minimi o di riavere indietro quanto versato. Se infatti i mercati volgono al peggio si può anche perdere una parte del capitale. Per Giuseppe Romano, direttore Ufficio Studi e Ricerche Consultique, le regole di Solvency II “hanno reso le unit linked molto più convenienti per le compagnie rispetto a quelle di ramo I perché sono meno onerose da gestire e comportano un minor assorbimento di capitale”
 
Ma si tratta di uno strumento che di contenuto assicurativo ha poco o nulla: “la polizza è in realtà una grande scatola che ingloba altri contenitori, detti fondi interni, ossia linee di gestione che a loro volta contengono fondi comuni di investimento. Questi ultimi “hanno propri costi che possono essere riassunti nel total expence ratio. Tra questi, ci sono le commissioni di gestione, di negoziazione, di performance e i costi amministrativi. La scatola assicurativa a sua volta ha delle spese di gestione, di ingresso e di uscita”.

Un meccanismo che comporta dunque una duplicazione di costi che può essere evitato “acquistando direttamente i fondi comuni d’investimento” Le compagnie assicurative stanno inoltre proponendo con maggior frequenza prodotti ibridi o multiamo che cioè contengono una parte di polizza tradizionale, su cui c’è la garanzia di restituzione del capitale e una parte di unit linked, ossia legata all’andamento dei mercati.
Qualche tempo fa l’Eiopa (organismo che ha il compito di sorvegliare il mercato assicurativo europeo) aveva lanciato l’allarme sulle unit linked, dato che i consumatori spesso hanno difficoltà a capire rischi, costi e caratteristiche di questi prodotti.